Yahoo! condannata per la pubblicazione di "link pirata"

Una sentenza che viene definiti, da tutti gli esperti, "senza precedenti" sia in ambito nazionale che mondiale.

Una sentenza che viene definiti, da tutti gli esperti, “senza precedenti” sia in ambito nazionale che mondiale. La nona sezione del Tribunale di Roma ha infatti ritenuto colpevole Yahoo! per aver lasciato, tra i risultati offerti dal suo motore di ricerca, link facenti riferimento a siti web ospitanti del materiale audiovisivo “piratato”. Il caso riguarda la pellicola iraniana “About Elly“. L’azienda che distribuisce il film nel nostro Paese aveva dapprima chiesto a Yahoo! di rimuovere i link facenti riferimento a siti web che consentono di visionare l’opera cinematografica senza autorizzazione e quindi in modo del tutto illecito. Non avendo ottenuto il riscontro sperato, la società – appoggiandosi ad un’azienda che si occupa della gestione delle controversie legate al diritto d’autore – ha avviato un’azione legale.

Il giudice del Tribunale di Roma ha ritenuto Yahoo! colpevole spiegando come un motore di ricerca, secondo quanto riconosciuto nella direttiva europea sul commercio elettronico, non sia sì tenuto ad espletare un controllo preventivo sui contenuti indicizzati ma debba comunque intervenire allorquando dovessero pervenirgli segnalazioni circa la violazione dei diritti di terzi.

Mentre i promotori della vertenza plaudono la decisione del giudice romano, molte sono le domande che emergono circa i futuri scenari del web italiano. Esperti in materia si chiedono se ad essere responsabile non debba essere solamente chi mette a disposizione contenuti in violazione dei diritti altrui. Un motore di ricerca, infatti, “non è umano” (è ben lungi dall’essere una directory ossia una raccolta di link pubblicati ed aggiornati da un singolo individuo o da una sorta di redazione): attraverso un crawler, una procedura automatizzata, esso si occupa di “scandagliare” il contenuto dell’intera Rete analizzando i vari link ed indicizzandoli sulla base dei propri criteri. Scrive Massimo Mantellini: “se il motore di ricerca diventa (sulla base della sentenza appena emessa, n.d.r.) un normale produttore di contenuti editoriali (chiamati per l’occasione link) e deve esercitare una qualche giurisdizione illuminata su milioni di risultati continuamente aggiornati, il motore di ricerca muore. (…) Mentre il pirata, bello bello, da tutt’altra parte, resta“.

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