Xiaomi è oggi il quarto produttore di smartphone al mondo per numero di dispositivi venduti. Riducendo i propri margini di profitto, la società cinese riesce a proporre dispositivi di buona qualità, con una dotazione hardware spesso paragonabile a prodotti di fascia ancora più alta, a prezzi particolarmente aggressivi.
Già da qualche tempo i vertici di Xiaomi avevano manifestato l’intenzione di voler rendere l’azienda indipendente dal punto di vista della progettazione e della realizzazione dei processori usati nei dispositivi mobili.
Le prime conferme arrivano quest’oggi: Xiaomi ha acquistato il 6% delle quote di VeriSilicon Holdings, realtà che si occupa proprio della progettazione dei SoC.
Nel 2017 Xiaomi utilizzò il suo Surge S1 in alcuni dispositivi destinati esclusivamente al mercato cinese ma da allora la società ha sempre utilizzato i SoC Qualcomm Snapdragon.
L’intenzione sarebbe quella di usare un approccio simile a quello di Huawei che si affida ai processori Kirin prodotti dalla controllata HiSilicon.
A indurre Xiaomi a “rompere gli indugi” potrebbero essere state anche le recenti decisioni dell’amministrazione Trump con cui è stata limitata la libertà d’azione delle aziende cinesi nel fare affari con le imprese statunitensi.
L’obiettivo di Xiaomi è evidentemente quello di ridurre la dipendenza dell’azienda dalle imprese USA e, allo stesso tempo, ridurre i costi.
A questo punto i primi smartphone Xiaomi equipaggiati con un processore non-Snapdragon potrebbero debuttare sul mercato nel corso del 2021.