Nella giornata di ieri, la Corte Suprema degli Stati Uniti si è rifiutata di esaminare il ricorso di X per quanto riguarda la censura del governo americano per quanto riguarda i rapporti di trasparenza della piattaforma.
Questa battaglia sulla libertà di parole, iniziata ben prima dell’acquisizione di Twitter da parte dei Elon Musk, riguarda l’intenzione della piattaforma di informare l’utenza su come e quanto il governo statunitense raccogliesse dati e informazioni delle persone.
Le leggi americane, infatti, richiedono ai social network dati e statistiche. In questo contesto, agli utenti viene assegnato una sorta di “indice di pericolosità” che va da 0 a 99. Questo va a indicare quanto una persona può essere considerata una minaccia per la sicurezza nazionale, con poca limpidezza per quanto riguarda criteri e parametri utilizzati. Da qui nasce la battaglia di Twitter (e poi di X) nel lontano 2014.
Dopo una serie di sentenze contrastanti nei tribunali minori, X si è rivolto direttamente alla Corte Suprema, che in realtà si è rifiutata di esaminare il ricorso di X.
X contro il governo statunitense: una contesa iniziata nel 2014
Subito dopo l’annuncio della decisione della corte, il proprietario di X Elon Musk ha espresso la sua insoddisfazione per l’esito della controversia. Per l’imprenditore di origini sudafricane “È deludente che la Corte Suprema abbia rifiutato di esaminare la questione“.
X aveva sostenuto che il pubblico dovrebbe sapere quanto spesso e come il governo degli Stati Uniti richiede informazioni sugli utenti della piattaforma. Un portavoce della Electronic Frontier Foundation, un gruppo no-profit per i diritti digitali, ha condiviso una dichiarazione con il sito Arstechnica, esprimendo disappunto per la decisione della Corte Suprema. Dal canto suo, il governo a sempre sostenuto come “La segretezza è essenziale per le lettere di sicurezza nazionale e gli ordini FISA (ndr. Foreign Intelligence Surveillance Act)”.
Per l’EFF, infatti, questa decisione conferma come il governo, con il pretesto della sicurezza nazionale, può impedire alle piattaforme di fornire informazioni basilari su quali richieste ricevono dagli enti governativi.
D’altro canto, la questione social network è privacy non è di certo una novità: anche altre piattaforme, infatti, in passato hanno avuto problemi sotto questo punto di vista.