Secondo tutti gli esperti del settore, l’Internet delle Cose è un fenomeno che avrà un impatto enorme sull’economia dei Paesi industrializzati.
Stando alle valutazione del CEO di Cisco, John Chambers, il mercato dell’Internet delle Cose varrà qualcosa come 19.000 miliardi di dollari soltanto fra cinque anni, nel 2020.
Una cifra enorme che, stando alle prime stime, potrebbe stimolare un robusto aumento del PIL nazionale.
Secondo McKinsey, multinazionale di consulenza manageriale, il business legato all’Internet delle Cose potrebbe letteralmente “esplodere” nei prossimi anni con una crescita di 3.900-11.000 miliardi all’anno dal 2025.
Internet delle Cose: che cos’è
Il termine Internet delle Cose (in inglese Internet of Things o IoT) è un neologismo utilizzato per riferirsi all’estensione dell’utilizzo della rete Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi fisici.
Grazie al concetto di Internet delle Cose, gli oggetti diventano “intelligenti” grazie alla possibilità di poter comunicare con il mondo attraverso la Rete e di riutilizzare e rielaborare le informazioni gestite o prodotte da altri oggetti.
L’integrazione delle funzionalità di rete nei dispositivi di utilizzo quotidiano fa sì che questi ultimi diventino capaci di dialogare fra di loro, siano amministrabili da remoto da parte del proprietario o di persone autorizzate, siano in grado di adattare il proprio funzionamento alle richieste ed alle abitudini degli utenti.
Un “oggetto inanimato” può quindi addirittura prendere iniziative sulla base delle istruzioni impartite dall’utente, del suo stato, del pregresso o del mutare delle condizioni circostanti o ambientali.
Autovetture che chiamano automaticamente i soccorsi in caso di incidente, antifurto capaci di reagire a tentativi di scasso, termostati intelligenti amministrabili da remoto, sistemi che consentono di gestire al meglio magazzino e spedizioni, strumenti per il controllo dei consumi energetici, macchine erogatrici in grado di rilevare i quantitativi di prodotto ancora a disposizione ed inviare un messaggio d’allerta quando è necessaria una ricarica sono già realtà.
Con il termine Internet delle Cose, però, ci si può riferire a molti altri oggetti di uso comune che grazie alla Rete e ad appositi algoritmi divengono “smart”.
Un frigorifero in grado di rilevare gli alimenti in esso conservati, effettuare un ordine al negoziante nel caso in cui mancasse qualcosa o comunque notificarlo all’utente; una sveglia che può trasformarsi in un oggetto intelligente in grado di suonare prima nel caso in cui sulle strade dovesse esserci più traffico del solito; un vaso che può allertare l’utente nel momento in cui fosse necessario annaffiare le piante; la confezione di un farmaco che può automaticamente ricordare quando è il momento di assumere una medicina; scarpe da ginnastica che possono elaborare un resoconto dell’attività sportiva giornaliera indicando velocità medie, lunghezza dei percorsi ed itinerari seguiti sono tutti esempi di oggetti in linea con la visione dell’Internet delle Cose.
La tecnologia utilizzata per far funzionare gli assistenti digitali come Google Now, Apple Siri e Microsoft Cortana può e potrà essere utilizzata per raffinare il comportamento degli oggetti intelligenti e, di conseguenza, per rendere l’Internet delle Cose ancora più “smart”.
La visione Internet delle Cose si lega quindi a doppio filo anche con le tecnologia per l’intelligenza artificiale e per il machine learning (Machine learning: Google presenta TensorFlow) dal momento che proprio grazie alla connettività sempre disponibile ed all’implementazione di appositi algoritmi, i dispositivi potranno essere resi intelligenti e, in alcuni casi, anche “autonomi”.
Internet delle Cose ed aspetto sicurezza
Dispositivi sempre connessi alla rete Internet, probabilmente dotati di un indirizzo IPv6 univoco, quindi direttamente raggiungibili dal “mondo esterno”, rappresenteranno indubbiamente un bersaglio di primo interesse per i criminali informatici.
Ne avevamo parlato anche nell’articolo IPv6 Cos’è e perché è importante in ottica Internet delle Cose.
Lo sviluppo dei dispositivi del mondo Internet delle Cose dovranno quindi essere realizzati mettendo al primo posto l’aspetto della sicurezza.
Qualche tempo fa i tecnici di HP avevano lanciato una prima allerta: secondo i dati diffusi dalla società, i primi esempi di dispositivi IoT offrono – in molti casi – un’interfaccia di amministrazione vulnerabile ad una vasta schiera di attacchi.
L’80% dei device analizzati, inoltre, non richiedere password sufficientemente lunghe e complesse in fase di autenticazione; il 90% raccoglie e memorizza almeno un’informazione personale che può essere utilizzata per identificare l’utente; il 70% veicola i dati senza usare algoritmi crittografici.
Questa iniziativa mira ad esempio a fornire agli sviluppatori ed ai produttori di device IoT una serie di linee guida in merito a sicurezza, protezione dei dati e sostenibilità.
Il rischio è, evidentemente, che dispositivi IoT vulnerabili o comunque facenti uso di misure di sicurezza piuttosto scarse, possano essere usati come testa di ponte per accedere al contenuto della rete locale e, quindi, provocare danni ben più gravi.
Di recente ha destato non poco scalpore la notizia dell’aggressione sferrata al firmware utilizzato nella lussuosa Jeep Cherokee: Come prendere controllo di un’auto altrui via Internet.
La diffusione di dispositivi intelligenti costantemente connessi alla rete Internet presuppone, quindi, l’adozione di una serie di misure di sicurezza e precauzioni che dovranno in primis essere fatte proprie dai produttori.
Internet delle Cose in Italia e nel mondo
Il pedale dell’Internet delle Cose, tuttavia, dev’essere indubbiamente premuto.
Secondo i dati diramati da Accenture, il fenomeno IoT dovrebbe aiutare a far crescere il PIL statunitense di oltre il 2% entro il 2030, dell’1,8% quello del Regno Unito e dell’1,7% quello della Germania.
E l’Italia? Per il momento il nostro Paese è ancora indietro perché non si sta facendo promotore di iniziative, sotto un’unica “cabina di regia”, come sta avvenendo in altre nazioni europee ove le iniziative legate all’IoT spesso fanno addirittura parte del programma di governo.
Il sito IoT Italy è per il momento uno dei punti di riferimento, iniziativa con cui in primis si intende promuovere – usando una sola voce – le idee e le innovazioni promosse da singole realtà.
Un assaggio di Internet delle Cose
Alcuni produttori hanno già iniziato ad immettere sul mercato i primi kit IoT.
Si è mossa Samsung (Samsung presenta il suo kit Internet delle cose, lo stanno facendo Apple con il suo HomeKit (Siri guarda alla domotica con HomeKit ed Apple TV) e MediaTek (vedere questo annuncio).
Si è possa anche Google acquisendo i termostati intelligenti di Nest (Google investe sulla domotica con l’acquisizione di Nest) e presentando due suoi router che guardano senza mezze misure al mondo IoT: OnHub, il secondo router di Google è firmato Asus.
Anche i dispositivi Philips Hue, dei quali abbiamo più volte parlato in passato, possono essere considerati “pionieri” della filosofia IoT: Accendere e spegnere luci da remoto con Philips Hue.
Per interconnettere oggetti pensati per il mondo IoT, è possibile utilizzare anche il noto servizio IFTTT: Inviare un SMS in automatico, regolare un termostato ed altro ancora da remoto.
Tale strumento permette di effettuare delle operazioni o ricevere notifiche nel momento in cui dovesse verificarsi un evento. Così, è possibile ampliare le possibilità di un oggetto IoT ed eventualmente elaborare le informazioni da esso restituite riutilizzando nell’ambito di altri servizi.
Suggeriamo di visitare questa pagina e scorrere fino ad individuare le categorie Connected car e Connected home per scoprire quali oggetti IoT si possono gestire con IFTTT.