Le conversazioni su WhatsApp e gli SMS possono essere usati come prova nei procedimenti fiscali e penali, anche senza intercettazioni ufficiali. A stabilire tutto ciò è stata una nuova sentenza della Corte di Cassazione del 18 gennaio scorso, la quale dunque mette a disposizione un nuovo strumento sia per la Guardia di Finanza che per l’Agenzia delle Entrate. C’è però da tenere conto di un aspetto importante: l’uso dei messaggi della piattaforma di proprietà di Meta in quanto elemento di prova, vale solo nel caso in cui l’autenticità non venga messa in discussione da chi è coinvolto nel procedimento.
Screenshot e valore legale: cosa dice la legge
Uno degli aspetti più rilevanti della sentenza riguarda la validità degli screenshot delle conversazioni. Anche se un messaggio è stato cancellato dall’autore, una foto della chat salvata da un altro partecipante può valere come prova documentale.
Perché una conversazione WhatsApp possa essere considerata una prova valida, deve rispettare alcuni criteri:
- Il messaggio deve provenire da un dispositivo identificabile;
- Non deve essere alterato o modificato;
- Deve essere acquisito in modo corretto, senza manipolazioni.
Nel caso in cui sorgano dubbi sull’autenticità, può essere richiesta una perizia tecnica per verificare la provenienza e l’integrità delle chat.
WhatsApp ecco come può essere usato nelle indagini e verifiche fiscali
Nel settore fiscale, la prova documentale ha un peso significativo, spesso maggiore delle testimonianze. Le fiamme gialle avranno modo di analizzare i dispositivi di un privato e i documenti per far venire alla luce delle attività contabili parallele o anche prove di evasione fiscale. Lo stesso discorso vale anche per quanto riguarda le aziende. Conta poco dunque il fatto che i telefoni siano dispositivi personali. Questo garantirà agli investigatori di poter accedere ai messaggi durante perquisizioni o controlli, utilizzandoli come elemento chiave nelle indagini.
Se una chat WhatsApp viene contestata, ecco cosa accade
Se una delle parti in giudizio disconosce l’autenticità di un messaggio, lo screenshot da solo potrebbe non essere sufficiente. In questo caso, diventano necessari ulteriori elementi di verifica, come:
- Il deposito del dispositivo originale, da cui è stato tratto il messaggio;
- Una perizia forense, che attesti che il contenuto della chat non è stato modificato;
- Il recupero dei dati originali, per confermare che la conversazione esisteva realmente.
Senza questi elementi, il messaggio rischia di non avere alcun valore probatorio nel processo.
Precedenti giuridici e utilizzo delle chat nei procedimenti legali
Questa sentenza non è un caso isolato. Altri provvedimenti avevano già aperto alla possibilità di usare conversazioni digitali in ambito giudiziario:
- Sentenza n. 170/2023 della Corte Costituzionale: ha stabilito che i messaggi WhatsApp o le email, estratti da un dispositivo sequestrato, non costituiscono intercettazioni illegali e non richiedono autorizzazioni specifiche;
- Sentenza n. 117/2016 della Commissione Tributaria di Trento: ha confermato la legittimità dell’uso di documenti ottenuti dalla Guardia di Finanza durante verifiche fiscali, anche se provenienti da dispositivi elettronici del contribuente;
- Circolare n. 1/2018 della Guardia di Finanza: ha chiarito che durante i controlli fiscali è possibile esaminare dispositivi elettronici per raccogliere prove di eventuali irregolarità contabili.