Sono cambiate diverse cose negli ultimi anni, non solo nel mondo della tecnologia ma anche per quanto riguarda l’organigramma dei procedimenti giudiziari. Proprio in relazione al mondo tecnologico, ci sono state delle integrazioni che oggi ad esempio permettono di utilizzare prove digitali durante un qualsiasi procedimento, magari per dimostrare un accordo o altri elementi. È per questo motivo che ora anche gli screenshot di WhatsApp possono essere riconosciuti come prove valide nei giudizi civili, segnando un altro passo avanti nel riconoscimento della messaggistica digitale come fonte probatoria
Il caso che ha cambiato tutto rendendo gli screenshot di WhatsApp una prova
La decisione arriva da un caso discusso inizialmente al Tribunale di Pavia, dove un cliente e una ditta di serramenti si trovavano in disaccordo su un pagamento. In questo caso il cliente aveva corrisposto solo il 30% della cifra che era stata pattuita in precedenza, affermando che non esistevano accordi diversi da questo. In un primo momento aveva ottenuto la ragione, ma tutto si è ribaltato dopo la sentenza della Corte d’Appello che ha analizzato proprio uno screenshot di una conversazione WhatsApp.
Questa vicenda ha aperto la strada a un nuovo utilizzo delle chat come prove documentali, purché siano rispettati alcuni criteri di autenticità.
Quando uno screenshot è valido in tribunale
Con l’ordinanza 1254/2025, la Cassazione ha chiarito che i messaggi di WhatsApp rientrano tra le riproduzioni informatiche previste dall’articolo 2712 del Codice Civile. Questo significa che:
- Possono essere utilizzati in tribunale come documenti elettronici rilevanti, anche senza una firma digitale;
- Devono essere autentici e verificabili, ovvero attribuibili con certezza a una persona specifica;
- Non devono essere stati manipolati in alcun modo;
- Se la controparte contesta l’autenticità dello screenshot, la prova potrebbe non essere considerata valida.
Per rendere più solido il valore probatorio, uno screenshot può essere accompagnato da metadati, estratti server, email di conferma o registrazioni notarili che ne certifichino la veridicità.