Voyager 1: come hanno fatto gli ingegneri a ripristinare le comunicazioni

Spieghiamo in poche parole come hanno fatto gli ingegneri NASA a ripristinare le comunicazioni con la sonda Voyager 1, da una distanza di 24 miliardi di chilometri. Isolate le aree della memoria danneggiate all'interno del modulo di volo (FDS).

Nell’ambito delle missioni aerospaziali, ce n’è una che ancora oggi continua a meravigliare per la mole di obiettivi raggiunti. Ben oltre le più rosee aspettativi e gli obiettivi inizialmente definiti. La sonda Voyager 1, lanciata il 5 novembre 1977, è l’oggetto artificiale funzionante che si trova a maggiore distanza dalla Terra con cui ad oggi riusciamo ancora a scambiare dati.

Voyager 1 aveva la missione di svelare i segreti di Giove e Saturno ma dopo aver brillantemente raggiunto quel traguardo, si è trasformata in un oggetto con un ruolo pionieristico nell’esplorazione interstellare. Come racconta NASA, Voyager 1 ha rivelato il lato turbolento di Giove, scoprendo una serie di nuove caratteristiche, tra cui un anello sottile intorno al pianeta e due nuove lune: Thebe e Metis. Il momento più memorabile è stato l’incontro ravvicinato con la luna di fuoco di Giove, Io. Qui, ha scoperto vulcani attivi, registrando un mondo geologicamente attivo oltre ogni immaginazione umana.

Per quanto riguarda Saturno, Voyager 1 ha scoperto 5 nuove lune, compreso un sistema di anelli intricati e straordinari fenomeni atmosferici su Titano, suggerendo la presenza di elementi allo stato liquido sulla sua superficie.

Il viaggio interstellare di Voyager 1: dove si trova

La vera (e inaspettata) avventura della sonda Voyager 1 è iniziata quando ha oltrepassato i confini del nostro sistema solare. È infatti divenuta il primo oggetto creato dall’uomo a varcare questa soglia e ha continuato a inviare dati preziosi mentre si avventurava nello spazio interstellare.

Oggi Voyager 1 si trova a circa 24 miliardi di chilometri di distanza dal pianeta Terra: in questa pagina gestita da NASA si trovano le informazioni in tempo reale sulla sonda, oltre alle indicazioni sulla configurazione di ciascun modulo installato. La sonda si allontana alla velocità di circa 17 chilometri al secondo ovvero 61.200 km/h.

Per le ultime due decadi, la NASA ha utilizzato gli strumenti del Voyager 1 (e della “sonda sorella” Voyager 2) allo studio dei raggi cosmici, del campo magnetico e dell’ambiente (plasma) nello spazio interstellare. Sia Voyager 1 che Voyager 2 hanno entrambe superato l’eliopausa, confine in corrispondenza del quale il vento solare emesso dal nostro Sole è fermato dal mezzo interstellare.

Il problema verificatosi a novembre 2023

Superando ogni aspettativa, Voyager 1 ha continuato a trasmettere verso Terra informazioni sull’ambiente circostante e sulla sua operatività, a distanza ormai di quasi 47 anni dal lancio. Lo ha fatto senza problemi fino al mese di novembre 2023 quando i tecnici NASA hanno iniziato a ricevere dati incomprensibili, palesemente corrotti.

Confermando le prime ipotesi degli ingegneri in forze presso il Jet Propulsion Laboratory (JPL) NASA, i tecnici operativi dalla base californiana hanno stabilito che la sopravvenuta impossibilità di dialogare con Voyager 1 è determinata da un difetto presentatosi in una porzione della memoria a bordo della sonda. L’area di memoria afflitta dal problema è parte integrante del Flight Data Subsystem (FDS), ovvero del sottosistema che si occupa della gestione dei dati di volo. Il FDS opera insieme a un computer centrale di comando e controllo oltre a un altro dispositivo che supervisiona il controllo dell’assetto e del puntamento.

FDS Voyager 1

Una foto che ritrae il FDS del Voyager 1, tratta dal documento “Computers in Spaceflight” (NASA).

La configurazione della memoria installata a bordo di Voyager 1

FDS è il computer responsabile della raccolta, dell’elaborazione e della trasmissione dei dati scientifici e ingegneristici verso Terra. La struttura della memoria del FDS che equipaggia Voyager 1 è basata su tecnologie informatiche degli anni ’70. Per l’epoca, FDS rappresentava una notevole innovazione: montava memoria volatile, un concetto relativamente nuovo per i computer spaziali di allora.

L’incidente venuto a galla a novembre 2023 è relativo proprio a un guasto o alla corruzione della memoria installata nel modulo FDS. La memoria è organizzata in modo da consentire la conservazione e il recupero dei dati provenienti dai numerosi sensori installati a bordo del Voyager 1.

Per quasi quattro mesi, da novembre 2023, gli esperti NASA non sono più riusciti a decifrare nessun dato trasmesso dalla sonda. Il fatto che Voyager 1 fosse ancora in vita era l’unica conferma.

Come hanno fatto gli ingegneri NASA a risolvere il problema su una sonda che si trova a 24 miliardi di chilometri

Le verifiche condotte nei mesi scorsi, peraltro con non poche difficoltà, hanno permesso di stabilire che circa il 3% della memoria del FDS di Voyager 1 risulta corrotta.

Oggi, per evitare l’utilizzo di un’area di memoria rilevata come danneggiata, di solito su adottano diversi approcci a seconda del contesto e del tipo di problema. Se la porzione di memoria corrotta è rilevata durante un test diagnostico, si può isolare l’area danneggiata procedendo a livello di sistema operativo o di firmware.

In alcuni casi si effettua il cosiddetto mapping della memoria ossia si provvede a mappare gli indirizzi dell’area danneggiata verso un’altra area della memoria che funziona correttamente.

I sistemi critici utilizzano algoritmi di correzione degli errori (ECC): ovviamente, in questo caso sono richiesti hardware e supporto software specifici. Nella maggior parte delle situazioni, tuttavia, si procede alla sostituzione delle memorie danneggiate intervenendovi fisicamente.

Ci vogliono 45 ore per ottenere la risposta a qualunque comando inviato verso la sonda Voyager 1

Il problema di Voyager 1 è ovviamente la tecnologia ormai datata che utilizza e, soprattutto, la distanza a cui si trova la sonda. Il tempo di viaggio monodirezionale per un segnale radio che deve raggiungere Voyager 1 dalla Terra è attualmente pari a circa 22,5 ore. Ciò significa che servono circa 45 ore perché gli ingegneri a terra inviino un comando alla sonda e ricevano la singola risposta all’input trasmesso.

Inoltre la NASA deve anche utilizzare le sue più grandi antenne di comunicazione per contattare il Voyager 1. Queste antenne, con un diametro di 70 metri, sono necessarie per gestire anche molte altre sonde utilizzate nell’ambito di altre missioni: il team Voyager, quindi, è di fatto in competizione con gli altri gruppi di lavoro per avere la possibilità di usare in maniera esclusiva le antenne.

La soluzione adottata per ripristinare il funzionamento della memoria è efficace

Voyager 1 disponeva di un FDS di backup ma ha cessato di funzionare del tutto nel 1982, a distanza di pochi anni dal lancio della sonda. Come hanno fatto quindi gli ingegneri NASA a riprendere il controllo delle comunicazioni con Voyager 1?

Innanzi tutto, gli esperti hanno dovuto fare riferimento a documenti cartacei, promemoria e disegni tecnici per comprendere i dettagli del FDS. Dopo mesi di approfondimenti e valutazione delle possibili soluzioni, il team del JPL è riuscito – a inizio marzo 2024 – a inviare un comando verso Voyager 1 per indurre il sistema a trasmettere il contenuto della memoria del FDS.

Segnale Voyager 1

Il team Voyager festeggia il ripristino di un collegamento “stabile” con la sonda lanciata nel 1977. La storica foto è del 20 aprile 2024 (credit: NASA/JPL-Caltech).

Una volta completata questa fase, gli ingegneri hanno trasmesso un ulteriore comando “ad hoc” per far ripartire il sistema FDS. Nello specifico, come abbiamo accennato in precedenza, hanno potuto isolare la porzione di memoria danneggiata inducendo il FDS a utilizzare le aree di memoria rimaste integre. Nel complesso, 69 KB di RAM (!) sono distribuiti su tre chip che si occupano di gestire tutti i dati.

A valle di questi interventi, eseguiti a una distanza siderale, a partire dal 20 aprile 2024 Voyager 1 ha cominciato a trasmettere di nuovo dati utili e comprensibili.

Tuttavia, il lavoro non è ancora completo. Ora gli ingegneri devono ripristinare le varie modalità di trasmissione dei dati scientifici a partire dall’antenna dal diametro di 3,7 metri installata sul Voyager 1. Tutte operazioni che richiederanno ulteriori analisi e aggiustamenti del codice.

L’immagine in apertura è tratta dal sito Mission Status – NASA.

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