“Una vittoria straordinaria“, così l’avvocato Fulvio Sarzana ha commentato la notizia del dissequestro di quasi 500 siti web. La vicenda è quella che vedeva coinvolte decine e decine di siti web, resi irraggiungibili dopo la denuncia sporta da una nota azienda produttrice di giacche e giacconi imbottiti di piume d’oca. La francese Moncler si era rivolta al Tribunale di Padova lamentando il reato di contraffazione.
Il problema, però, è che – obbligando i provider italiani ad inibire l’accesso ai 500 siti web mediante un intervento sui server DNS -, sostiene la difesa, non si è accuratamente controllata l’attività espletata da ciascuno di essi. “Tra i nomi di dominio e i siti sequestrati però ve ne erano molti inesistenti, altri erano dichiaratamente siti di fans della nota casa di moda, di nessuno dei siti era stato controllata, secondo la difesa dei provider, l’effettiva vendita di beni contraffatti“, ha osservato Sarzana.
Due associazioni dei provider italiani (AIIP ed Assoprovider) hanno deciso di impugnare il dispositivo e presentare ricorso. La decisione di annullamento del provvedimento di sequestro viene considerata storica perché “per la prima volta è stato ritenuto illegittimo il blocco dei cittadini verso siti esteri imposto da un decreto di un GIP adottato tramite i provider italiani in via preventiva ed i provider, invece di essere dichiarati gli “sceriffi del web”, si vedono assegnare un ruolo di difensori della libertà dei cittadini italiani“, commenta ancora l’avvocato Sarzana.
Guido Scorza, esperto in tematiche legali correlate al mondo del web, preferisce però spostare il punto focale su un altro aspetto: il ruolo terzo che dovrebbe continuare a competere ai provider Internet (ISP), compresi quelli nostrani. “L’intermediario della comunicazione (l’ISP, n.d.r.) riveste un ruolo terzo e neutrale rispetto ai contenuti che ospita e/o rende accessibili ed è legato, esclusivamente, ad un rapporto di natura contrattuale ai propri utenti.
Tradire questo principio rischia di avere un prezzo elevato per tutti: per gli ISP, perché specie in un Paese restio come il nostro a riconoscere loro la neutralità che meritano, rischia di ampliare il novero delle ipotesi nelle quali saranno chiamati a rispondere e per l’ecosistema telematico perché le dinamiche di mercato e quelle di circolazione delle idee e dei contenuti rischiano di essere influenzate da un fattore che non è detto produca sempre risultati auspicabili“, osserva Scorza.