Third Point è un hedge fund con sede a New York fondato nel 1995. Si tratta di un’azienda che opera come consulente per gli investimenti con circa 17 miliardi di dollari di patrimonio gestito. In Intel l’investimento è pari a quasi un miliardo di dollari.
Reuters riporta che in una lettera indirizzata alla presidenza, Third Point ha esortato Intel a valutare una serie di alternative strategiche. Viene chiesto all’azienda di Santa Clara di riflettere se sia ragionevole o meno mantenere sotto lo stesso tetto le attività di progettazione e produzione dei chip.
L’auspicio di Third Point, secondo alcuni osservatori, potrebbero portare a un vero e proprio terremoto in seno a Intel che fino ad oggi è stata piuttosto immobile rispetto alla richiesta avanzata dagli investitori di esternalizzare parte della produzione.
Una “bomba”, quella appena innescata, che potrebbe anche portare alla liquidazione di alcune delle acquisizioni Intel: si pensi ad esempio all’acquisto dei chip programmabili Altera concretizzatasi nel 2015 per 16,7 miliardi di dollari.
Intel si conferma oggi assolutamente competitiva (ricordiamo l’ottima accoglienza riservata dai partner e dal mercato ai nuovi processori Tiger Lake: Intel ottimista per il 2021: AMD ed Apple non fanno paura) ma la concorrenza si sta facendo sempre più agguerrita su tutti i fronti.
Nella sua lettera Third Point affronta tre problemi chiave: la gestione delle risorse umane, un problema relativo alle quote di mercato nella produzione dei chip e i ritardi nella produzione
Per quanto riguarda il primo punto Intel avrebbe perso un numero enorme di progettisti di chip di grande talento. Third Point sostiene che l’esodo sarebbe stato in qualche modo incentivato dalle “mancate decisioni” di Bob Swan. Una situazione che avrebbe condotto ai noti ritardi nello sviluppo dei processori a 10 e 7 nm dando un notevole vantaggio competitivo a realtà quali TSMC e Samsung.
Il secondo problema sollevato da Third Point è in qualche modo legato al primo: viene messo in discussione il ruolo di Intel come produttore di chip nei suoi propri stabilimenti. Si apre alla possibilità di separare la progettazione dei chip dagli impianti di produzione dei semiconduttori: l’idea è che Intel si sbarazzi delle sue fabbriche creando una joint venture per la produzione e limitandosi alla progettazione dei chip.
Ci sono ovviamente anche motivazione geopolitiche alla base delle rimostranze di Third Point: Intel è all’avanguardia nel settore dei semiconduttori e sempre secondo il fondo newyorkese se non deciderà per un serio “cambio di rotta” costringerà gli Stati Uniti ad affidarsi maggiormente all’Asia per i data center, le infrastrutture critiche e altro ancora.
Jim Keller, ingegnere ex AMD e padre dei processori Ryzen, successivamente passato (aprile 2018) nelle fila di Intel abbandonò l’azienda nel mese di giugno 2020 parlando di “motivi personali“. In realtà Keller avrebbe gettato la spugna per via delle crescenti frizioni con Swan in merito alle discussioni sull’opportunità di esternalizzare la produzione al di fuori degli stabilimenti di proprietà di Intel.
Non è dato sapere cosa accadrà nelle prossime settimane dopo la “bordata” di Third Point. Un segnale però è nel frattempo arrivato dal mercato che dopo la notizia della lettera recapitata a Intel ha fatto balzare in avanti l’azienda di Santa Clara in borsa del 6,1%.
Per adesso i vertici di Intel si sono limitati a rispondere con una breve nota affermando che l’azienda accoglie con favore il contributo di tutti gli investitori volti ad aumentare il valore per gli azionisti. “In questo spirito, non vediamo l’ora di confrontarci con Third Point LLC sulle loro idee per raggiungere questo obiettivo“.