Il fenomeno del telemarketing selvaggio è un problema diffuso che coinvolge ogni giorno praticamente chiunque utilizzi una linea fissa o mobile in Italia. Ogni volta che l’utente non avesse fornito il suo esplicito consenso per essere contattato per via telefonica, il chiamante commette un illecito. Gli operatori di call center che chiamano in spregio delle normative in vigore, si mettono in evidenza per la mancanza di rispetto per la privacy degli utenti e per l’uso di tattiche di vendita pressanti. Tant’è vero che sono aumentati esponenzialmente gli episodi di phishing telefonico nel mercato libero dell’energia.
Le vittime del telemarketing selvaggio spesso ricevono chiamate ripetute, anche a orari inopportuni. Subiscono false promesse, frodi o vendite coercitive. Le conseguenze possono essere fastidiose e stressanti. Tanti individui sentono violata la loro privacy, i loro diritti fondamentali e restano intrappolati in una spirale di chiamate indesiderate. Appositi regolamenti e disposizioni normative possono aiutare nella lotta contro questo problema ma, nella stragrande maggioranza dei casi, si rivelano ancora una sorta di “arma spuntata” per il cittadino.
Garante Privacy dispone la confisca dei supporti informatici
Il Garante Privacy italiano ha recentemente assunto un importante provvedimento nei confronti di quattro imprese con sede in Veneto e in Toscana. Si tratta di quattro soggetti giuridici che subissavano gli utenti italiani di telefonate proponendo offerte commerciali del mercato energetico. Peccato che gli individui ripetutamente contattati non avessero mai fornito il consenso per le attività di telemarketing.
Come spiega il Garante, si tratta di una tattica piuttosto collaudata che permetteva alle società che agivano con un comportamento del tutto fuorilegge, di intascare laute provvigioni per ciascun contratto. Addirittura, in molti casi gli utenti venivano ricontattati a stretto giro per passare a un altro operatore così da massimizzare i ricavi.
Sulla base del combinato disposto del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) e delle altre normative vigenti, l’Autorità italiana ha disposto di irrogare una sanzione complessivamente pari a 1,8 milioni di euro alle quattro aziende coinvolte.
Per la prima volta, però, il Garante ha anche prescritto la confisca dei supporti informatici contenenti “liste di anagrafiche illecitamente acquisite“. In altre parole, viene confermato che le aziende operavano al di fuori della legge utilizzando liste di contatto con riferimenti a persone fisiche che mai avevano fornito alcun consenso.
Telemarketing con liste di anagrafiche illecitamente acquisite: non c’è Registro delle Opposizioni che tenga
La pratica del telemarketing in quanto tale è un’attività lecita che non va demonizzata. Vanno invece bloccati i comportamenti di quei call center che pongono in essere attività illecite, non rispettando le prescrizioni normative. Le numerazioni di call center che operano in modo corretto risultano censite e una semplice ricerca dell’ID del chiamate sul sito di AGCOM dovrebbe restituire tutti gli estremi. Se ricevete una chiamata commerciale da un numero che non è presente sul sito di AGCOM, quell’operatore sta certamente lavorando in modo scorretto.
In sintesi, il fenomeno del telemarketing selvaggio rappresenta una sfida per la privacy e il benessere degli utenti. Affrontare questo problema richiede una combinazione di consapevolezza pubblica, normative più stringenti e l’adozione di soluzioni tecnologiche per filtrare e prevenire le chiamate indesiderate.
Anche l’eventuale iscrizione al Registro delle Opposizioni non è in questo caso utile: chi non rispetta la legge non andrà certamente a verificare se un utente ha espresso il suo diniego alla ricezione delle chiamate commerciali.
Nel suo provvedimento, il Garante dispone la confisca dei supporti informatici e cartacei contenenti le liste di anagrafiche illecitamente acquisite “tramite Facebook“. L’Autorità non chiarisce l’esatta fonte dei dati ma ci tornano alla mente le attività di scraping sui dati del social network condotte in passato da diversi soggetti. Peraltro sfruttando una lacuna nella configurazione della piattaforma di Mark Zuckerberg.
Ricordate le pagine bianche con i numeri di cellulare create a partire dai dati conferiti su Facebook da parte degli utenti? Ecco, l’origine delle informazioni potrebbe essere la stessa o comunque simile. Il database composto a partire dai dati estratti da Facebook continua ancora oggi a circolare in rete, soprattutto nel dark web, e contiene nomi e cognomi, numeri di telefono e altre informazioni relative a milioni di italiani.
Servono misure di contrasto efficaci
La confisca dei dati è segno di un ulteriore innalzamento della strategia di contrasto da parte dell’Autorità nei confronti del fenomeno del telemarketing selvaggio. Purtuttavia, per reprimerlo sono a questo punto sempre più necessario misure efficaci, attuabili in primis sul piano tecnico.
AGCOM ha recentemente riunito i principali operatori di telefonia e alcune associazioni di call center e consumatori per redigere un Codice di condotta che sarà pubblicato a breve. L’obiettivo è fare in modo che le aziende stipulino contratti solamente con partner (ad esempio operatori di call center) che adottano misure trasparenti e offrono garanzie rispetto alla tutela dei dati personali.
Le chiamate indesiderate sono inoltre difficili da riconoscere e bloccare. Questo perché i “call center fuorilegge” utilizzano sempre più spesso la tecnica del CID spoofing. Il numero telefonico del chiamate è falso, inesistente e non corrisponde quasi mai a quello reale. Nell’articolo in cui parliamo di CID spoofing, abbiamo detto che AGCOM e operatori di telefonia stanno colloquiando per accordarsi sulle modalità che permetteranno di evitare l’instradamento, sulla rete telefonica, di chiamate provenienti da numerazioni fasulle. Già questo intervento tecnico aiuterebbe molto nella lotta contro il telemarketing selvaggio.