Il World Wide Web Consortium (W3C), organizzazione non governativa internazionale che ha come scopo quello di sviluppare tutte le potenzialità del Web, ha approvato EME (Encrypted Media Extensions) come standard.
EME consentirà di integrare un sistema DRM (Digital Rights Management) all’interno del browser senza l’utilizzo di alcun plugin.
Società che distribuiscono contenuti online (una tra tutte, Netflix, ma anche i network televisivi più noti) potranno così rendere possibile la visualizzazione dei video protetti dal diritto d’autore senza imporre l’installazione di alcun componente aggiuntivo.
Lo scorso anno era stata individuata una grave falla di sicurezza nel modulo di decodifica DRM Widevine integrato in Google Chrome: Chrome, falla permette di salvare video DRM in locale.
Con l’approvazione dello standard EME da parte del W3C, la piattaforma per la protezione dei contenuti multimediali potrà diventare più sicura condividendo tra l’altro lo stesso codice sui vari browser, indipendentemente dal sistema operativo utilizzato.
Questa volta, però, gli esperti di privacy e i membri della Electronic Frontier Foundation (EFF) hanno aspramente criticato la decisione del W3C di “standardizzare” una tecnologia DRM per i browser.
Secondo Cory Doctorow, di EFF, il sistema EME risulterà limitante sia per gli utenti finali che per i ricercatori. Negli Stati Uniti, violare un sistema DRM anche per fini di studio costituisce un reato ed EME, fa notare Doctorow, non offre alcuna facilitazione per i ricercatori esponendoli a diversi rischi dal punto di vista legale.
Viene poi fatto notare come EME non consenta l’implementazione di funzionalità aggiuntive da parte di terzi come l’aggiunta di sottotitoli o la rilevazione di contenuti video che possono scatenare fenomeni epilettici.
EME, poi, non standardizza il processo di decodifica dei dati cosicché le società che sviluppano browser potrebbero essere costrette ad acquistare licenze (rendendo più difficoltoso l’ingresso di nuovi browser nel mercato).
Dal W3C si rigettano gran parte delle critiche: Tim Berners-Lee e Philippe Le Hégaret hanno osservato che EME è invece sinonimo di accessibilità perché si basa a sua volta su altri standard per il web. Inoltre, l’utilizzo di uno standard comune a tutti i browser permette di scongiurare l’installazione di qualsivoglia plugin.