Nella giornata di ieri, martedì 12 dicembre 2023 l’Ufficio giudiziario del Regno Unito ha pubblicato delle linee guida che consentono ai giudici di utilizzare ChatGPT, così come altri strumenti legati all’Intelligenza Artificiale, nell’emissione di sentenze legali.
Secondo il Judicial Office, organo che si occupa di supervisionare l’operato dei giudici, l’applicazione dell’IA è ormai diffuso in tutta la società e, in tal senso, può risultare molto utile anche nell’ambito giudiziario. Non solo: secondo quanto affermato, questo non è che l’inizio visto che “La guida è il primo passo di una serie di progetti futuri per supportare la magistratura nelle sue interazioni con l’Intelligenza Artificiale“.
Anche se l’adozione dell’IA è ormai comune nei più disparati ambiti, incluse le diagnosi mediche, la sua introduzione in un sistema legale come quello britannico rappresenta un punto di svolta.
Alcuni segnali in merito sono già apparsi evidenti a settembre, quando Lord Justice Birss della Corte d’appello di Inghilterra e Galles ha utilizzato ChatGPT per riassumere teorie legali con cui non aveva familiarità, riportando poi l’output in una sentenza ufficiale.
ChatGPT e i tribunali: un precedente in USA (con esiti disastrosi) e
A rendere ancora più clamoroso il tutto vi è un fatto, avvenuto all’inizio di quest’anno, che va in netta controtendenza rispetto a quanto affermato dal Judicial Office inglese. Due avvocati di New York, infatti, sono stati multati di 5.000 dollari per aver presentato a un tribunale documenti ufficiali scritti con il chatbot di OpenAI. In quel caso va però detto come ChatGPT aveva inventato di sana pianta delle citazioni.
Sebbene la Gran Bretagna sembri molto più aperta verso l’IA, non si parla di un’applicazione massiccia, perlomeno nel breve periodo. Il documento del Judicial Office, infatti, avverte anche come questi strumenti abbiano degli evidenti limiti e lascino spazio anche a potenziali insidie.
Nel testo, infatti, viene spiegato come alcune risposte dell’IA potrebbero risultare “Imprecise, incomplete, fuorvianti o distorte“. A tal proposito, nelle linee guida, viene specificato come i giudici debbano comunque impegnarsi per verificare l’accuratezza delle risposte fornite da tali strumenti prima di utilizzare le stesse in sentenze ufficiali.