Sul web non c’è e non si può verificare il reato di stampa clandestina. Punto. È, in sostanza, ciò che hanno deciso i giudici della Corte di Cassazione chiamati ad esprimersi sulla ben nota vicenda che per anni ha avuto protagonista Carlo Ruta, giornalista, saggista e blogger italiano (vedere l’articolo La sentenza Ruta salva i blog, ma restano dei dubbi).
La Cassazione, esaminando le motivazioni che hanno portato all’emissione della sentenza favorevolissima non soltanto per Ruta ma anche per l’intero Web italiano, ha spiegato – con una semplicità disarmante – che la legge 7 marzo 2001 n.62 (integra numerose modifiche alla legge sulla stampa 47 del 1948) prevede “la registrazione dei giornali online soltanto per ragioni amministrative ed esclusivamente ai fini della possibilità di usufruire delle provvidenze economiche previste per l’editoria“. Tradotto, chiunque gestisca un sito web – sia esso un blog od un più tradizionale magazine online -, a qualunque livello (hobbistico, professionale oppure come grande azienda), non è tenuto alla registrazione della testata, in nessun caso. Tale operazione apre insomma la porta ad un’eventuale sovvenzione statale ma non può essere considerata obbligo.
La sentenza della Cassazione riporta finalmente ordine su un tema, quello inerente la disciplina sull’editoria e sui prodotti editoriali, che ormai da anni – soprattutto con l’esplosione dell’informazione via web – versava in uno stato davvero drammatico.
Ne è la conferma l’approvazione, in sede parlamentare, di una normativa (del 16 luglio scorso, entrata in vigore il 21 dello stesso mese) che puntualizza alcuni aspetti della legge 7 marzo 2001 n.62: “le testate periodiche realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica ovvero on line, i cui editori non abbiano fatto domanda di provvidenze, contributi o agevolazioni pubbliche e che conseguano ricavi annui da attività editoriale non superiori a 100.000 euro, non sono soggette agli obblighi stabiliti dall’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, dall’articolo 1 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, e dall’articolo 16 della legge 7 marzo 2001, n. 62, e ad esse non si applicano le disposizioni di cui alla delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008, e successive modificazioni“.
Quelle realtà che introitano meno di 100.000 euro annui a fronte di attività editoriali, insomma, non sono tenute ad operare alcuna registrazione presso il tribunale cittadino.
Una disposizione, quest’ultima, che almeno parzialmente sembra una sorta di “stonatura” rispetto alla decisione dei giudici della Cassazione. Se, sulla scorta di quanto accertato nell’esame del caso Ruta, la Cassazione ha sentenziato che non v’è alcun obbligo di registrazione per alcuna testata online, la modifica approvata a luglio lascerebbe intendere la sussistenza di almeno un adempimento amministrativo per chi consegue oltre 100.000 euro all’anno dall’attività editoriale.