Steve Wozniak, cofondatore di Apple insieme con Steve Jobs, si aggiunge a chi osteggia duramente la filosofia del “cloud computing“. Di servizi che funzionano “sulla nuvola”, senza installare alcuna applicazione sui sistemi locali, si parla con sempre maggior frequenza. Google è un po´ il simbolo del concetto di cloud: l’offerta del colosso di Mountain View è nata, è cresciuta e vive in Rete. Ma anche colossi come Microsoft hanno ultimamente aggiornato la propria offerta passando da un modo di concepire il software come prodotto installato su di un personal computer ad un modus operandi più innovativo che trae vantaggio dalle risorse disponibili in Rete ed, in particolare, dall’infrastruttura informatica che il cloud provider mette a disposizione.
Intervenendo ad un incontro teatrale dedicato alla figura di Steve Jobs, Wozniak ha rilasciato alcune dichiarazioni che non lasciano spazi ad equivoci: “sono davvero preoccupato per tutto ciò che viene posto sulla nuvola; si ingenereranno problemi spaventosi. Penso che avremo problematiche orribili da affrontare nel corso dei prossimi cinque anni“.
“Woz” spiega di essere preoccupato, in particolare, per la mancanza di controllo sulle informazioni che vengono poste online. Quando si spostano le informazioni in Rete, conclude, si tende a perderne il possesso. E ciò accadrebbe nel momento in cui si accettano le condizioni del contratto di licenza d’uso del servizio cloud.
Di recente, lo stesso Garante ha pubblicato un vademecum che illustra alcune linee guida da seguire ogniqualvolta si decida di utilizzare uno dei tanti servizi cloud oggi disponibili. Per approfondire la tematica, suggeriamo di fare riferimento al nostro articolo Cloud computing e tutela dei dati: il parere del Garante.