La notizia di ieri sulla sottrazione di circa 12 milioni di identificativi di dispositivi a marchio Apple ha fatto rapidamente il giro del mondo ed ha subito destato enorme interesse sia da parte della stampa che da parte di tutti coloro che utilizzano prodotti col simbolo della mela. Utilizzando la firma “AntiSec“, un gruppo di attivisti di Anonymous ha affermato di aver trafugato milioni di codici UDID, utilizzabili per individuare in modo univoco un qualunque dispositivo Apple (vedere l’articolo Trafugati 12 milioni di ID univoci di prodotti Apple).
Secondo gli autori dell’operazione, i dati – che comprenderebbero anche informazioni personali come numeri di telefono degli utenti ed indirizzi di residenza – sarebbero stati reperiti su un notebook di proprietà di un agente speciale dell’FBI, Christofer K. Stangl, semplicemente facendo leva su una delle vulnerabilità Java di recente scoperta.
Dal Federal Bureau of Investigation, però, oggi è arrivata una secca smentita: “l’FBI è consapevole della pubblicazione, sul web, di report facenti riferimento alla violazione di un nostro notebook ed alla conseguente diffusione di UDID Apple privati. Al momento non vi è alcuna prova che metta in evidenza la compromissione di alcun notebook di proprietà dell’FBI né che l’FBI abbia provato a raccogliere od abbia ottenuto i dati in questione“.
La posizione dell’ente investigativo di polizia federale è chiara: chi ha affermato di aver sottratto gli UDID da un portatile dell’FBI avrebbe mentito e continuerebbe a dichiarare il falso.
Le parole dell’FBI hanno però immediatamente innescato la reazione di AntiSec che con una nota su Twitter ha scritto, provocatoriamente: “prima che neghiate troppe cose, ricordate che siamo in possesso di 3 TB di dati aggiuntivi. Non abbiamo neppure iniziato“. Gli autori di quella che viene presentata come un’azione dimostrativa, hanno lasciato intendere che saranno presto pubblicate altre informazioni. “Le persone che posseggono uno o più dispositivi Apple contraddistinti dagli UDID nella nostra lista“, si rivela da Anonymous, “potrebbero mettere a confronto le applicazioni installate. Si potrebbe così scoprire un aspetto comune…“. Il messaggio sibillino conclude il botta e risposta con l’FBI nonostante la vicenda sia ben lungi dall’essere chiarita.