Uno studio elaborato presso l’Università di Stanford dimostra che è possibile stabilire se una persona è ubriaca ovvero accertare, con un grado di attendibilità pari al 98%, se il suo tasso alcolemico è superiore ai limiti di legge. I risultati dell’esperimento, che ha coinvolto sia giovani 18enni che individui di età pari o superiore a 21 anni, ha sorpreso anche i promotori dell’iniziativa.
Facendo leva sui progressi compiuti nel campo dell’elaborazione dei segnali, nell’analisi acustica e nell’apprendimento automatico, i ricercatori hanno potuto mettere a punto un modello capace di rilevare le alterazioni della voce in tutti i soggetti in cui il tasso alcolemico risulta pari o superiore a quello ammesso per mettersi alla guida di un veicolo.
Stabilire se una persona è ubriaca: si può fare con un semplice smartphone
Il professor Brian Suffoletto, docente associato di medicina a Stanford spiega che l’idea era quella di sviluppare uno strumento in grado di campionare passivamente i dati di un individuo mentre svolge la sua routine quotidiana e sondare i cambiamenti che potrebbero indicare un episodio di consumo di alcol.
Posto che sono necessari ulteriori approfondimenti per confermare la validità dei risultati, il 98% di accuratezza è un risultato sensazionale. Il lavoro accademico sin qui svolto ha infatti il potenziale per offrire un “intervento just-in-time”, utile a prevenire incidenti stradali e morti legati all’assunzione smodata di alcol.
L’analisi delle caratteristiche vocali e delle alterazioni nel parlato effettuabili con un semplice smartphone, sono in grado di rilevare anche situazioni border line, ovvero casi in cui l’assunzione di bevande alcoliche abbia provocato un innalzamento del tasso alcolemico nell’intorno del valore limite di legge. In queste situazioni lo stato di ebbrezza potrebbe divenire manifesto solo con prove specifiche: ossia con l’analisi del respiro o con approfondimenti ematici. Eppure, come raccontano gli studiosi, l’utilizzo di modelli vocali e il machine learning riescono ad evidenziare le potenziali situazioni di allerta.
Il meccanismo sviluppato da Suffoletto e dai suoi collaboratori si è rivelato estremamente preciso, anche grazie all’utilizzo di una serie di accortezze tecniche: l’isolamento della voce e l’effettuazione delle misure su frequenza e tono, con campionamenti effettuati ogni secondo.
Lo smartphone diventa un sensore basato sull’intelligenza artificiale
Quando un meccanismo basato sull’intelligenza artificiale entra nella sfera privata del singolo individuo, è ovviamente necessario muoversi con i proverbiali piedi di piombo. Non è infatti pensabile sviluppare un sistema che sia sempre in ascolto e che fornisca indicazioni in maniera completamente automatizzata.
Quello che potrebbe essere possibile realizzare, ed è quello di cui si parla a Stanford, è un sistema intelligente capace di effettuare una verifica in tempo reale sullo stato di un individuo on demand, ovvero dietro espressa richiesta dell’interessato. Oppure, si potrebbe fare in modo che a seconda del luogo in cui si trova l’utente, ad esempio un bar, un pub, una discoteca, compaia una notifica che invita a eseguire volontariamente un test.
Nel caso dei minori, invece, un genitore potrebbe eventualmente richiedere l’effettuazione di test a distanza. Le applicazioni di parental control già offrono la possibilità di limitare il “raggio d’azione” dell’utente per quanto riguarda la visita di siti Web, l’installazione e l’uso delle app.
In Europa, con la presentazione della proposta di legge nota come Chat Control 2.0, c’era il rischio concreto di una “sorveglianza di massa”. Inutile dire, quindi, che la tecnologia deve essere al servizio di ciascuno, nel pieno rispetto della privacy e dei diritti individuali. Non certo un’imposizione.