Un dispositivo Android non è “eterno”, almeno per il produttore. Non appena viene immesso sul mercato, ogni smartphone ha una data di scadenza che corrisponde al momento in cui l’azienda produttrice cessa di fornire supporto e non rilascia più aggiornamenti, neppure le patch per i problemi di sicurezza. Ci siamo chiesti per quanto tempo sia sicuro usare un dispositivo Android e abbiamo osservato più volte che per estendere il ciclo di vita di un dispositivo si può sostituire la versione di Android installata con una versione personalizzata del sistema operativo.
Per aggiornare Android quando sembra impossibile è di solito necessario sbloccare il bootloader e acquisire i permessi di root: in questo modo si può installare una versione di Android supportata dalla comunità degli sviluppatori. Queste versioni, ad esempio GrapheneOS, LineageOS, Pixelexperience, Bliss Roms e tante altre, possono essere utilizzate per estendere la vita dello smartphone di diversi anni: installandole di continueranno a ricevere nuove funzionalità e, soprattutto, gli aggiornamenti di sicurezza per mettersi al riparo da qualunque tentativo di attacco.
Un progetto open source come Open Android Installer, si occupa di semplificare l’installazione delle ROM Android alternative al posto della versione del sistema operativo già presente sul dispositivo mobile e preinstallata dal produttore.
L’attivazione delle Opzioni sviluppatore Android e l’abilitazione dell’opzione Sblocco OEM sono attività essenziali per chiunque voglia rimpiazzare la release del robottino verde già installata. Il fatto è che, come racconta un ricercatore indipendente, nel caso dei Google Pixel è necessario attivare la connessione Internet perché sia possibile sbloccare lo smartphone e sostituire la versione di Android preinstallata.
“Nessuno dei tanti video YouTube sullo sblocco del bootloader ha fatto presente se fosse necessaria o meno la connettività Internet. Nemmeno la documentazione ufficiale di Google“, osserva Thomas Fitzsimmons. “Ho pensato il modello di dispositivo che ho acquistato, un Google Pixel, essendo venduta sbloccata non avrebbe avuto bisogno della connessione Internet“.
In realtà Google non si riferisce al blocco del bootloader bensì al fatto che lo smartphone Pixel può essere utilizzato con le schede SIM di qualunque operatore, senza vincoli di sorta.
Fitzsimmons mette insomma in evidenza che l’opzione Sblocco OEM resta sempre non selezionabile sui dispositivi Pixel (rimane “in grigio”) fintanto che lo smartphone non viene connesso a Internet: e non c’è scritto da nessuna parte, solamente nella documentazione di GrapheneOS, il sistema operativo basato sul codice sorgente di Android che il ricercatore era interessato a installare e utilizzare.
Analizzando il traffico di rete, si scopre che non appena viene attivata la connessione Internet e il dispositivo può dialogare con l’indirizzo remoto afwprovisioning-pa.googleapis.com
, allora l’opzione Sblocco OEM diventa immediatamente utilizzabile.
Da un lato, quindi, resta l’apprezzamento nei confronti di Google che ha rilasciato Android come software open source permettendo lo sviluppo di progetti derivati. Applausi per aver previsto la possibilità di sostituire il sistema operativo preinstallato sui dispositivi mobili con un altro a scelta dell’utente (seppur seguendo diversi passaggi, spesso non così immediati).
Pollice verso, però, per la scelta dell’azienda di vincolare lo sblocco del bootloader alla connessione alla rete Internet. Fitzsimmons suggerisce a Google di modificare questo comportamento e rendere l’opzione Sblocco OEM in ogni caso accessibile.