Un buco nero è un corpo celeste con un campo gravitazionale così intenso che dal suo interno non può uscire nulla, nemmeno la luce. Uno dei principali studiosi dei buchi neri è stato Stephen Hawking: le sue attività e i suoi studi hanno influenzato generazioni di scienziati che le stanno utilizzando per ampliare le conoscenze sulla struttura dell’universo e sulle leggi che ne regolano il “comportamento”.
Quando si parla dell’universo non si usano solamente le tre dimensioni alle quali ogni essere umano è avvezzo sin dalla nascita: se ne aggiunge una quarta ovvero il tempo.
Secondo la teoria della relatività, lo spazio e il tempo formano un unico complesso con quattro dimensioni reali (appunto lo spaziotempo) che viene deformato dalla presenza di massa o di energia.
È una visione diversa rispetto a quella “canonica” che spiega come ciò che sta accadendo possa essere percepito in maniera differente da osservatori posti in condizioni diverse.
Ecco quindi che il buco nero, detto in termini appena più precisi, è una regione dello spaziotempo con una curvatura talmente grande da non lasciare sfuggire né materia né radiazione elettromagnetica.
I buchi neri sono anche ponti tra due regioni remote nello spaziotempo; non sono stati osservati sperimentalmente ma gli scienziati teorizzano la loro esistenza e le loro proprietà da quasi 100 anni. Nel 1935, Albert Einstein e Nathan Rosen descrissero i buchi neri come tunnel attraverso il tessuto dello spaziotempo secondo la teoria della relatività generale di Einstein che descrive la gravità come una curvatura dello spaziotempo. I ricercatori chiamano i buchi neri ponti di Einstein-Rosen in onore dei due fisici che ne hanno parlato per primi mentre il termine “wormhole” è stato coniato dal fisico John Wheeler negli anni ’50.
Un gruppo di scienziati del California Institute of Technology (Caltech) e del programma di ricerca Quantum Communication Channels for Fundamental Physics del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti hanno raggiunto un importante traguardo: come si spiega nella pagina Wormhole2022, i ricercatori hanno sviluppato un esperimento quantistico che permette di studiare la dinamica o il comportamento di un buco nero, almeno dal punto di vista teorico. La ricerca è stata appena pubblicata su Nature e vede Daniel Jafferis e Alexander Zlokapa come primi autori.
Avvalendosi di un computer quantistico Maria Spiropulu e Shang-Yi Ch’en raccontano di aver realizzato un esperimento che permette di sondare le connessioni tra buchi neri teorici e fisica quantistica.
Non è stato creato un vero e proprio buco nero ovvero una rottura nello spazio e nel tempo quanto piuttosto la base per comprendere meglio i legami tra la gravità e la fisica quantistica, due meccaniche che sembrano intrinsecamente incompatibili tra loro; un potente banco di prova per esercitare le idee sulla gravità quantistica.
Questa è una rappresentazione di un wormhole attraversabile simulato con un processore quantistico. I ricercatori spiegano che in un computer quantistico un qubit, l’unità di informazione quantistica, viene trasmesso utilizzando lo stesso meccanismo microscopico di teletrasporto quantistico che contraddistingue un buco nero attraversabile. Il qubit viene rappresentato come una funzione d’onda: possiede proprietà ondulatorie ed è diffuso nello spaziotempo.
L’idea che i buchi neri e la fisica quantistica, in particolare attraverso il fenomeno dell’entanglement possano avere una connessione è stata proposta per la prima volta nella ricerca teorica di Juan Maldacena e Leonard Susskind nel 2013.
Nel 2017 proprio Jafferis insieme ai suoi colleghi Ping Gao e Aron hanno ripreso gli studi risalenti agli anni immediatamente precedenti presentando la descrizione gravitazionale di un buco nero attraversabile e mostrando che esso è equivalente a un processo noto come teletrasporto quantistico. Nel teletrasporto quantistico le informazioni vengono trasportate attraverso lo spazio utilizzando i principi dell’entanglement quantistico.
“La relazione tra entanglement quantistico, spaziotempo e gravità quantistica è una delle questioni più importanti nella fisica e un’area di grandissimo interesse nella ricerca teorica“, ha commentato Spiropulu. “Siamo entusiasti di aver compiuto un piccolo passo verso la sperimentazione delle nostre idee su hardware quantistico e proseguiremo su questa strada“.