Non si placa la “querelle” intorno alla questione dell'”equo compenso” dopo che Stefano Parisi, presidente di Asstel, l’associazione che – nell’ambito di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici e del sistema Confindustria – rappresenta le imprese esercenti servizi di telecomunicazioni, nonché amministratore delegato di Fastweb aveva fornito delle anticipazioni sul progetto di revisione che sarebbe al vaglio del Ministero dei Beni culturali e che vedrebbe interessati anche i telefoni cellulari dotati di funzionalità multimediali, atte a riprodurre file musicali.
FIMI e SIAE, dopo che la proposta era stata definita “una follia” da Parisi, non sono tardate ad intervenire nel merito. Tagliente il comunicato stampa della FIMI: “Parisi sa bene come attirare l’attenzione dei giornali: parlare di nuove tasse in tempi di crisi e in periodo di Finanziaria è come parlare di corda in casa dell’impiccato. Se poi si parla di tasse sull’oggetto più amato dagli italiani ecco il mix ideale per raccogliere il consenso popolare”. FIMI e Confindustria Cultura contestano fermamente la posizione di Parisi non volendo sentir parlare del termine “tassa”. “Gli stessi prodotti dell’elettronica di consumo costano in Italia più che in Europa, quando in Europa già si applicano le norme aggiornate sulla copia privata e in Italia ancora no“, prosegue la nota. L'”equo compenso” viene giustificato anche facendo riferimento alle statistiche Forrester: il 19% dei cellulari sarebbe oggi usato per ascoltare musica mentre l’iPod seguirebbe con il 18%. Secondo Confindustria Cultura, si dovrebbe quindi equiparare i vari dispositivi mobili ai comuni lettori MP3, già assoggettati al compenso.
Il “compenso” verrebbe versato dagli utenti al momento dell’acquisto di un cellulare multimediale a fronte del diritto, da parte degli acquirenti, di effettuare una copia privata di prodotti – regolarmente acquistati – protetti dalle disposizioni a tutela della proprietà intellettuale.
Parisi aveva dichiarato: “la tassa che grava attualmente sull’acquisto di apparati per la duplicazione di contenuti come masterizzatori e videoregistratori verrebbe estesa anche a supporti come pc e telefonini, fino a 2,5 euro per terminale“.