L’introduzione di nuove tecnologie e l’avanzamento di quelle già esistenti nel settore del computing, tra cui nuovi chip particolarmente performanti e l’avvento dell’intelligenza artificiale “di massa”, hanno incrementato esponenzialmente la domanda di potenza di calcolo. Ciò, però, porta anche a un aumento dei consumi non indifferente. Per questo motivo, un gruppo di ricercatori della Stanford University si è lanciato alla ricerca di un materiale che potrebbe rivoluzionare i componenti di memoria.
Lo studio pubblicato su Nature Materials e ripreso da Phys mostra come l’utilizzo di un sottile strato della lega metallica “manganese palladio tre” (MnPd3) permette di immagazzinare dati nelle direzioni degli spin degli elettroni. Tale metodo di archiviazione si chiama SOT-MRAM (ovvero “spin orbit torque magnetoresistive random access memory”) e consente l’archiviazione dei dati in maniera molto più efficiente e veloce rispetto alle soluzioni già esistenti, ove i dati vengono salvati tramite la carica elettrica e serve un’alimentazione continua.
Alla base di questa soluzione vi è una proprietà intrinseca degli elettroni detta spin: immaginatevi un elettrone come un pallone da basket che continua a ruotare sulla punta del dito di un giocatore, rimanendo sempre in equilibrio. La rotazione trasforma l’elettrone in un magnete, i cui poli cambiano nel momento in cui l’elettrone cambia direzione di rotazione. Sfruttando tale direzione, detta altrimenti “momento di dipolo magnetico”, si possono rappresentare gli uno e gli zeri che compongono i bit di dati.
La tecnologia SOT-MRAM era già nota in precedenza: nel 2019 raccontavamo come le memorie MRAM possono velocizzare le applicazioni di intelligenza artificiale. SOT-MRAM utilizza una corrente elettrica per generare una forza di spin-orbita che orienta lo spin degli elettroni all’interno di una regione magnetica della memoria. Questo permette di scrivere e leggere i dati con una velocità e una stabilità superiori rispetto ad altre tecnologie di memoria non volatile, come ad esempio le NAND Flash.
Nel caso della ricerca appena pubblicata, la corrente che scorre nello strato MnPd3 genera specifiche direzioni di spin cosicché il movimento degli elettroni crei una coppia capace di cambiare le direzioni e i momenti di dipolo magnetico. I dati, dunque, possono essere archiviati in modo più denso quando le direzioni di spin degli elettroni sono orientate verso l’alto o verso il basso.
Peccato, però, che i materiali convenzionali generano spin solo in una direzione, e serva un campo magnetico esterno per far sì che il passaggio dei dati avvenga nella direzione giusta, richiedendo così più energia e spazio.
La novità sta proprio nell’utilizzo del materiale MnPd3 che risulta ad oggi l’unico con le proprietà necessarie allo scopo: tant’è vero che i ricercatori della Stanford sono riusciti a variare la direzione degli spin a loro discrezione.
Fen Xue, ricercatore coinvolto in quest’esperimento guidato dal professor Shan Wang, ha dichiarato: “non sono necessari nuovi strumenti o nuove tecniche per questo tipo di materiale. Non abbiamo bisogno di un substrato strutturato o di condizioni speciali per depositarlo“. Gli esperti stanno peraltro già lavorando su prototipi di SOT-MRAM utilizzando MnPd3 che si integreranno in dispositivi reali, progettati per arrivare sul mercato sotto forma di prodotti commerciali.
In ogni caso, quella che si staglia all’orizzonte è destinata a diventare una tecnologia molto promettente per l’uso in applicazioni ad alta capacità di memoria, partendo dai data center fino a scendere ai dispositivi mobili.