Gli ingegneri di Samsung Electronics e un gruppo di accademici dell’Università di Harvard hanno pubblicato un documento che descrive la loro visione volta alla futura realizzazione di chip neuromorfici in grado di imitare i meccanismi cerebrali.
L’articolo pubblicato su Nature fa riferimento a una funzione che usiamo frequentemente ovvero il “copia e incolla”. Ovviamente stiamo parlando di ciò che fino a poco tempo fa era pura fantascienza: copiare la mappa delle connessioni neurali del cervello usando un array di nanoelettrodi.
Nel testo si parla esplicitamente di un’attività di reverse-engineering delle connessioni neurali del cervello al fine di replicarne la struttura e le funzioni su un circuito integrato di silicio.
Si tratta di un progetto ambizioso del quale si parla fin da quando l’ingegneria neuromorfica emerse negli anni ’80 ma oggi gli strumenti nelle mani di Samsung sono molto più evoluti.
Tanto che gli autori della ricerca ritengono che il chip al quale si fa riferimento approssimerà i tratti computazionali unici di una “macchina” impressionante come il cervello, la cui mappa è ancora per larghissima parte sconosciuta: basso consumo energetico, facile apprendimento, adattamento all’ambiente e persino autonomia e cognizione. Tutti aspetti caratteristici che vanno al di là della portata della tecnologia attuale.
Mentre aziende specializzate come Neuralink di Elon Musk hanno optato per tecniche capaci di interconnettere uomo e macchina, soluzioni parallele per estendere le abilità fisiche e in prima battuta offrire supporto concreto nella lotta contro malattie come il Parkinson, l’Alzheimer o paralisi a seguito di incidenti, l’idea di Samsung e degli universitari di Harvard torna alle origini dell’informatica neuromorfica.
L’articolo apparso su Nature suggerisce un modo per copiare la mappa delle connessioni neurali del cervello e “incollarla” in una rete tridimensionale ad alta densità di memorie a stato solido, le stesse che usiamo quotidianamente in prodotti come gli SSD.
La mappa neurale copiata può essere gestita ricorrendo a una rete di memorie non volatili come le memorie flash commerciali o utilizzando le RRAM (Resistive Random Access Memory).
Dato che il cervello umano usa circa 100 miliardi di neuroni e un numero mille volte superiore di connessioni sinaptiche possiamo immaginare che i chip neuromorfici proposti dovranno sfruttare centinaia di miliardi di memorie. Allo stato attuale si rasenta ancora quasi la fantascienza ma la pubblicazione dello studio conferma che l’interesse a sviluppare un progetto ambizioso come quello presentato è più che concreto.