Ci sono alcune novità in merito alla realizzazione della NGN, la rete di nuova generazione per il cui allestimento sono coinvolte Telecom Italia, Vodafone, Wind, H3G, Tiscali, Fastweb, BT e FOS (quest’ultima, una società per azioni composta da operatori di dimensioni minori). L’azienda, a governance pubblica, che si occuperà della NGN si chiamerà FiberCo ed avrà come compito quello di portare la banda ultralarga, in fibra ottica, al 50% delle unità immobiliari del Paese entro il 2020.
Come si apprende esaminando il documento elaborato dal Ministero dello Sviluppo Economico, la rete NGN verrà sviluppata solamente in quelle zone che non sono interessate dai piani dei singoli operatori (ved. questo articolo). Si tratta sostanzialmente di un “via libera” a Telecom Italia che nelle aree territoriali per le quali ha presentato i progetti di “varo” della rete in fibra non vedrà come concorrente la società pubblico-privata FiberCo.
Il Ministero ha proposto che venga posta avviata una procedura di migrazione dalla rete in rame alla fibra ottica similmente a quanto sta avvenendo nel caso del digitale terrestre. Previste anche delle penali nel caso in cui, superate le date di switch off, il passaggio alla fibra non sia stato realmente effettuato (si parla di 210 euro per unità immobiliare). Nel documento, si legge, ci si deve orientare su una “migrazione coatta” e non su una procedura che sia svolta in funzione della domanda del mercato e di parametri spiccatamente economici.
FiberCo offrirà ai clienti abbonati un accesso end-to-end, ossia dalla centrale alla residenza od all’ufficio dell’utente, a fronte di un canone mensile. A Telecom Italia sarà riconosciuto un indennizzo per ogni singola linea portata in fibra secondo tempi e modi ancora da concordare.
La bozza di accordo ipotizza anche il conferimento, da parte di Telecom Italia, della possibilità di utilizzare la sua rete in rame che potrà essere impiegata da FiberCo. A fronte dell’eventualmente conferimento (si parla anche delle canalizzazioni e delle altre infrastrutture necessarie per mettere FiberCo in condizioni di operare senza problemi), verrà riconosciuto a Telecom una partecipazione al capitale di FiberCo.
Al termine della migrazione delle utenze dal rame alla fibra ottica, l’ex monopolista potrà fruire della cosiddetta call option ed acquistare gli asset di FiberCo. In tal caso, però, dovrà essere previsto un meccanismo per garantire agli azionisti di minoranza di FiberCo la facoltà di uscire dal capitale della società.
La sperimentazione del progetto dovrebbe essere avviata in almeno sei città selezionate entro il territorio nazionale: si partirà, molto probabilmente, con una città lombarda insieme con altre quattro località di medie dimensioni (tra le candidate Salerno e Siracusa). Secondo il Ministero, i primi test-pilota dovrebbero essere avviati nel giro di tre mesi con il completamento dei lavori entro il mese di aprile 2012.
A questo punto si attendono le reazioni di tutti i provider sedutisi attorno al “tavolo Romani” anche perché ci sono alcuni punti oscuri nel documento. Non si fa infatti riferimento ad una partecipazione statale per quanto riguarda gli investimenti e non si definisce in modo chiaro chi ed in quale misura dovrà aprire il portafogli. Inoltre, il progetto si rivolgerà per buona parte anche a quelle aree del Paese che sono state sino ad oggi considerate dagli operatori come a basso rendimento sebbene nella proposta si legga che l’intero progetto “dovrà essere in grado di garantire un ritorno adeguato dell’equiti investito dai soci“.
Il costo wholesale di ogni abbonamento in fibra è stato valutato dal Ministero in 9,28 euro a cui verrebbero aggiunti 2 euro per la realizzazione della rete: l’utente vedrà quindi, molto probabilmente, un rincaro delle tariffe anche se i profili commerciali sono tutti da vedere ed ancora ben lontani dall’essere valutabili.