Torna all’orizzonte una proposta di legge che molti osservatori non hanno tardato a definire “ammazza Internet“. Di esempi, in passato, se ne sono via a via registrati molti (vedere questi nostri articoli) e, puntualmente, una nuova disposizione – che sarà a breve discussa in Parlamento – già inizia a far discutere.
La proposta di legge è stata firmata dal deputato Pino Pisicchio (Gruppo Misto) e contiene una serie di interventi che vanno a modificare la vecchia legge sulla stampa (8 febbraio 1948, n. 47). Una modifica è sicuramente lodevole perché viene proposta l’eliminazione della pena carceraria per il giornalista che commette il reato di diffamazione. La detenzione viene sostituita con un’ammenda amministrativa compresa tra 5 e 10mila euro.
L’onorevole Pisicchio propone poi l’istituzione di uno speciale “Giurì per la correttezza dell’informazione“, una sorta di comitato composto da cinque membri provenienti dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, dal competente Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti e dai magistrati della Corte d’Appello, che avrà il compitato di tutelare i diritti del cittadino leso da interventi con il mezzo della stampa. “Fuori dunque dalle lungaggini del procedimento formalizzato davanti ai tribunali“, osserva il deputato.
Supposto che vi siano i margini tecnici, organizzativi ed economici per la creazione del nuovo “Giurì”, l’aspetto che maggiormente preoccupa “i cittadini della Rete” è la proposta di una modifica che va ad impattare frontalmente con alcuni dei principi fondamentali che hanno decretato, in tutto il mondo, il successo del Web.
“Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, ai siti Internet aventi natura editoriale“. Pochi caratteri in più che estenderebbero immediatamente l’applicazione di tutte le disposizioni presenti nella legge sulla stampa e delle successive modifiche alla totalità dei siti web italiani.
Non c’è alcuna distinzione fra i contenuti che vengono pubblicati in Rete: tutti, compresi i gestori di semplici blog a carattere amatoriale, verrebbero automaticamente ingabbiati tra le maglie della normativa sulla stampa.
“A tutti i siti internet – o quasi – quindi può essere attribuita “natura editoriale” con l’ovvia conseguenza che se, a forza di provarci e riprovarci, il Parlamento riuscisse ad approvare la famigerata disposizione “ammazza-internet”, tutte le disposizioni contenute nella preistorica legge sulla stampa diverrebbero applicabili, il giorno dopo, a chiunque diffonda informazioni ed opinioni online“, scrive l’avvocato Guido Scorza, uno dei più autorevoli esperti di diritto informatico e di tematiche connesse alla libertà di espressione ed alle politiche di innovazione.
Salvo poche eccezioni, se la proposta di legge dovesse essere approvata così com’è stata formulata (qui il testo integrale), chiunque gestisca un sito potrebbe trovarsi nella paradossale situazione di dover obbligatoriamente registrare la testata presso il tribunale, a nominare un direttore responsabile ed a soggiacere “al famoso obbligo di rettifica entro 48 ore, a pena, di una sanzione di diverse migliaia di euro“, continua Scorza che non esita a giudicare negativamente l’impianto generale della nuova disposizione. Provvedimento che avrebbe il risultato di “irrigidire” le posizioni dei blogger che sarebbero sempre più restii a favorire discussioni aperte e ad accettare commenti e riflessioni degli utenti.