Il 2024 dovrebbe essere l’anno della consacrazione dell’intelligenza artificiale, al centro di nuove funzionalità accessibili facilmente su smartphone, tablet e computer ma anche il cuore di dispositivi completamente nuovi, come l’AI Pin di Humane il Rabbit R1. Il primo è stato bocciato dalle più autorevoli voci del settore, e lo stesso vale per il secondo.
Il Rabbit R1 non ha senso di esistere, secondo le recensioni
Il device compatto e caratterizzato da soluzioni abbastanza coraggiose, come l’assenza del supporto ai comandi touch, è stato fortemente criticato da importanti e, soprattutto, attendibili nomi del panorama tech, come Marques Brownlee e Dave2D. Per entrambi, il device basato sull’intelligenza artificiale è difficile anche da recensire visti i numerosi problemi e i tanti limiti che porta con sé nella sua versione destinata al commercio. Alla fine, la domanda che viene posta è più che lecita: perché non farne direttamente un’app per dispositivi mobili? Il Rabbit R1 non ha nemmeno lontanamente le carte in regola per sostituire iPhone e simili e avrebbe di certo più senso se fosse “solo” un software per smartphone e tablet.
NEW VIDEO – Rabbit R1: Barely Reviewablehttps://t.co/CqwXs5m1Ia
This is the pinnacle of a trend that's been annoying for years: Delivering barely finished products to win a "race" and then continuing to build them after charging full price. Games, phones, cars, now AI in a box pic.twitter.com/WutKQeo2mp
— Marques Brownlee (@MKBHD) April 30, 2024
In realtà, come spiegato dall’esperto Mishaal Rahman di Android Authority, il Rabbit R1 è un dispositivo che esegue proprio un’applicazione. Il giornalista, da diversi anni un punto di riferimento per la community Android, è riuscito a scaricare l’APK del launcher del Rabbit e a installarlo su un Google Pixel 6A. Nel video diffuso in rete, Rahman mostra come sia possibile usare lo smartphone di Big G (nemmeno così recente) proprio come se fosse l’R1 da 199 dollari.
Rahman sottolinea che l’applicazione potrebbe non offrire tutte le funzionalità previste dall’R1. Una questione di autorizzazioni che, nonostante i tweak adoperati, non è stato possibile concedere. Ciò che però sta facendo discutere è il fatto che il software sia funzionante su uno smartphone di fascia media di quasi due anni fa. Perché dunque qualcuno dovrebbe spendere 199 dollari per un dispositivo con troppi limiti software e hardware e che, in base alle ultime scoperte, non sembra fare altro che eseguire un’applicazione Android?
La risposta del CEO di Rabbit
Il CEO di Rabbit, Jesse Lyu, non è però d’accordo con quanto emerso. In un post su X scrive infatti che l’interfaccia dell’R1 non è un’applicazione e che il LLM viene eseguito sul cloud (cosa che però non è stata messa in discussione da Rahman). «Rabbit OS e LAM funzionano sul cloud con un AOSP molto personalizzato e modifiche firmware di livello inferiore, di conseguenza un APK non abbinato al sistema operativo appropriato non consente l’accesso al nostro servizio», si legge. «Rabbit OS è personalizzato per l’R1 e non supportiamo client di terze parti. L’utilizzo di un APK bootlegged o di un webclient comporta rischi significativi e per questo motivo ne sconsigliamo l’utilizzo».