Il più grande operatore di telefonia mobile giapponese – NTT DoCoMo – formerà una “joint venture” con aziende del calibro di Samsung, Fujitsu, NEC e Panasonic con l’obiettivo di progettare, realizzare e commercializzare chip basati sull’impiego di LTE (“Long Term Evolution“), la più recente evoluzione degli standard per il mondo mobile, fortemente orientato all’uso della banda larga in mobilità. La stretta di mano tra le aziende asiatiche porterà alla nascita di una nuova società entro il prossimo mese di marzo che si occuperà proprio della produzione dei chip LTE.
L’alleanza tra le quattro industrie mirerebbe a ridurre la dipendenza del mercato dal produttore di chip statunitense Qualcomm che attualemente avrebbe il monopolio pressoché totale con l’80% delle quote.
La tecnologia LTE è candidata a diventare uno standard a livello mondiale per le reti mobili di prossima generazione. Essa si pone a metà strada tra le attuali tecnologie 3G (ad esempio, UMTS) e quelle di quarta generazione (4G). Gli stessi responsabili dell’ITU-R, agenzia specializzata nella definizione degli standard per le telecomunicazioni, avevano inizialmente dichiarato come LTE non possa essere considerata una tecnologia 4G (ved. questo nostro articolo). Di fatto, però, soprattutto in forza delle migliorie introdotte rispetto al 3G, almeno da un punto di vista marketing, LTE viene considerata e “pubblicizzata” come una tecnologia di quarta generazione.
In Italia l’asta per l’assegnazione delle frequenze LTE agli operatori di telefonia mobile ha fruttato allo Stato circa 3,9 miliardi di euro. La gara si è conclusa lo scorso settembre (ved. quest’articolo): a questo punto, però, un ulteriore anno e mezzo per l’effettiva concessione delle frequenze appare ai più come una tempistica davvero troppo lunga. E’ necessario spingere il piede sull’acceleratore.