ARM e Qualcomm si stanno misurando in una battaglia legale che rischia di risultare controproducente per l’intero ecosistema. La sfida in tribunale tra le due aziende rischia di essere esplosiva perché causa instabilità tra gli innumerevoli sostenitori di un’architettura che sta guadagnando importanti quote di mercato nel segmento server, che guida da anni il settore mobile e che si accinge a fare la voce grossa anche sui PC, scalzando il predominio finora indiscusso della piattaforma x86.
La controversia tra ARM e Qualcomm, nata a valle dell’acquisizione della startup Nuvia nel 2021, giunge a un primo importante traguardo. La giuria dello stato del Delaware ha infatti dato ragione a Qualcomm, concludendo che i processori Snapdragon X non violano gli accordi di licenza. Sulla base del verdetto, Qualcomm è libera di continuare a vendere i suoi prodotti senza dover ritirare e distruggere alcun prodotto.
La questione tra ARM e Qualcomm non può dirsi risolta
In una dichiarazione ufficiale, Qualcomm ha espresso soddisfazione per la decisione: “la giuria ha confermato il diritto di Qualcomm di innovare e ha affermato che tutti i prodotti di Qualcomm oggetto della causa sono protetti dal contratto con ARM. Continueremo a sviluppare prodotti (…) che offrono prestazioni elevate a beneficio dei consumatori di tutto il mondo, grazie ai nostri incredibili core personalizzati Oryon compatibili con ARM“.
Qualcomm ha investito 1,4 miliardi di dollari per acquisire Nuvia nel 2021, puntando sui core generici altamente competitivi Oryon. Questi core rappresentano una valida alternativa ai design basati su ARM sviluppati da Apple e ai processori x86 di AMD e Intel.
Con gli Oryon e i loro successori, Qualcomm mira a espandere la sua presenza nel mercato dei PC (attualmente detiene una quota dello 0,8%), scommettendo proprio sulla serie di SoC Snapdragon X, presentati a giugno 2024 e basati proprio su Oryon.
Nonostante il verdetto favorevole a Qualcomm, la giuria non è riuscita a decidere all’unanimità se Nuvia avesse a sua volta violato il contratto con ARM, che prevedeva lo sviluppo di chip per sistemi server. Questo “neo” potrebbe quindi esporre Qualcomm al rischio di una seconda vertenza a suo carico. Nel frattempo, il giudice Maryellen Noreika ha invitato entrambe le parti a tentare una mediazione per risolvere la questione.
ARM non ha intenzione di gettare la spugna
Tramite una nota ufficiale, ARM si dichiara delusa rispetto alle conclusioni raggiunte dal tribunale: “sin dall’inizio, la nostra priorità è stata proteggere la proprietà intellettuale di ARM e l’ecosistema senza pari che abbiamo costruito con i nostri partner negli ultimi 30 anni“.
E ARM si accinge a proseguire la battaglia su uno dei tre capi d’accusa rivolti a Qualcomm. Proprio quello riguardante il presunto mancato rispetto delle pattuizioni da parte di Nuvia.
Come abbiamo spesso rimarcato, la disputa tra ARM e Qualcomm potrebbe avere conseguenze significative per il settore tecnologico. Da un lato ARM rischia di compromettere il rapporto con i suoi partner industriali, mentre Qualcomm continua a spingere sulla sua gamma Snapdragon X.
Se ARM dovesse ottenere un giudizio favorevole, si aprirebbe uno scenario nuovo ossia la ridefinizione delle regole di licenza per le acquisizioni tecnologiche.
Circa il 10% dei ricavi di ARM, pari a oltre 300 milioni di dollari nel 2023, proviene da Qualcomm. Prima dell’introduzione dei core personalizzati Oryon, Qualcomm si serviva di core Cortex progettati da ARM e minimamente modificati, pagando un costo aggiuntivo rispetto alla licenza ISA per sviluppare core personalizzati.