Quando Apple è divenuta cliente di Qualcomm i responsabili della Mela firmarono un documento chiamato master software agreement. Con tale accordo Apple si impegnava a mantenere la riservatezza su alcuni segreti industriali e a permettere la verifica del codice sorgente utilizzato per mettere a punto il firmware degli iPhone.
Nel corso degli ultimi anni Apple e Qualcomm si sono fronteggiate, con reciproche accuse, nelle aule di tribunale di mezzo mondo ma da fine dicembre scorso (vedere Qualcomm denuncia a sua volta Apple e chiede il blocco delle importazioni degli iPhone X) non si erano registrate sostanziali novità.
Adesso Qualcomm estrae il classico coniglio dal cappello con l’evidente obiettivo di mettere ancora più pressione su Apple per indurre l’azienda a trattare.
Stando alle nuove accuse di Qualcomm, Apple non avrebbe permesso l’auditing del codice sorgente e l’azienda di San Diego non sarebbe stata quindi in grado di accertare se la sua proprietà intellettuale fosse stata adeguatamente protetta.
Non solo. Qualcomm lancia anche un’accusa esplosiva nei confronti della Mela sostenendo che Apple avrebbe addirittura condiviso il codice sorgente e altri strumenti software con Intel così da aiutare i tecnici della società di Santa Clara a risolvere quei problemi di progettazione che avevano portato a prestazioni non all’altezza delle aspettative sugli iPhone.
In altre parole, Apple sarebbe riuscita a passare dai chip radio di Qualcomm a quelli di Intel solamente condividendo codice che non avrebbe potuto “mettere a fattor comune”.
Qualcomm non ha pubblicamente condiviso documenti a sostegno delle sue tesi ma si augura che i giudici della corte suprema della California accolgano le nuove eccezioni.