Facendo eco ad alcuni articoli che sono apparsi su testate online statunitensi, anche in Italia si comincia a parlare di presunte corna che spunterebbero sulla scatola cranica dei soggetti maggiormente abituati a utilizzare smartphone e tablet.
Iniziamo col dire, innanzi tutto, che non si tratta di una notizia “nuova”: è stata la BBC, network televisivo operativo nel Regno Unito e in altri Paesi, a rilanciare con un recente articolo i contenuti di uno studio pubblicato a febbraio 2018 sulla rivista Nature a firma di David Shahar e Mark G. L. Sayers, della School of Health and Sport Sciences, University of the Sunshine Coast (Australia).
La giornalista della BBC, rifacendosi all’indagine degli esperti australiani, ha voluto evidenziare come stili di vita profondamente diversi rispetto al passato possano portare anche a modificazioni a livello scheletrico.
Nel caso di specie si ipotizza che l’utilizzo “smodato” di apparecchiature elettroniche come smartphone e tablet sia la causa della formazione di una piccola protuberanza rilevata, dopo una serie di indagini cliniche, in alcuni soggetti di giovane età alla base del cranio.
Cancelliamo quindi il termine “corna“, di cui è già stato fatto ampio abuso da parte delle testate straniere e che verosimilmente sarà riportato “pari-pari” in Italia con i conseguenti “doppi sensi” che appartengono alla nostra cultura. Ne parla anche Paolo Attivissimo nel suo articolo ricordando che il significato che attribuiamo nel nostro Paese al termine “corna” non ha un corrispettivo diretto in inglese.
Tornando al caso di specie che tanto sta facendo parlare nel corso degli ultimi giorni, va detto – innanzi tutto – che gli stessi autori della ricerca si sono sentiti in dovere di effettuare alcune precisazioni diramando un comunicato stampa chiarificatore.
Innanzi tutto il professor Shahar ha chiarito che la protuberanza di dimensioni comprese fino a 30 mm scoperta ai raggi X nel 41% dei soggetti di età compresa tra 18 e 30 anni individuati per il test effettuato lo scorso anno non è una novità. In passato era infatti prevalente nei soggetti più anziani per via dei carichi sostenuti sul lungo termine dallo scheletro. Semmai, quindi, è stato quanto meno curioso scoprire la diffusione della medesima conformazione cranica anche su soggetti in età giovanile.
“Ipotizziamo che l’aumento sostenuto del carico (…) muscolare sia dovuto al peso della testa che si sposta in avanti con l’uso delle moderne tecnologie per lunghi periodi di tempo“, ha precisato Shahar. “Spostare la testa in avanti comporta il trasferimento del peso della testa dalle ossa della colonna vertebrale ai muscoli della parte posteriore del collo e della testa“.
Il collega Sayers ha aggiunto che non è la protuberanza ossea in sé a costituire un problema: semmai si tratta di un segno della “terribile postura sostenuta per lunghi tempi, che peraltro può essere corretta molto semplicemente“.
Non c’è quindi un acclarato nesso causa-effetto tra l’utilizzo di smartphone e tablet e le alterazioni muscolo-scheletriche: certo è che posture non corrette possono indubbiamente influire.
Forbes confuta comunque i risultati dello studio di Shahar e Sayers mettendo in evidenza che la ricerca ha completamente ignorato le indagini antropologiche svolte nel corso degli ultimi decanni e che sono stati rilevati diversi errori nell’articolo pubblicato su Nature. Pareri critici arrivano dagli esperti di altre università che puntano il dito anche sulla metodologia utilizzata per le prove e sulla mancanza di dati a sostegno di quelle che, dagli stessi autori della ricerca, vengono considerate “ipotesi”.
L’utilizzo di smartphone e tablet porta quindi necessariamente a deformazioni scheletriche? No. Ma se il collo cominciasse a dolére e gli occhi iniziassero a essere stanchi è fondamentale prendersi un po’ di pausa e comunque assumere una diversa postura.