Si parla sempre più spesso di interfacce uomo-macchina. La protesi bionica impiantata a una donna svedese di 50 anni, che 20 anni fa aveva subìto l’amputazione del braccio a seguito di un terribile incidente con un mezzo agricolo, rappresenta la più recente, evoluta ed efficace soluzione per questo tipo di applicazioni.
Un gruppo di ricerca guidato dall’Università di Göteborg ha sviluppato una protesi rivoluzionaria che consente ai pazienti che hanno l’uso della mano e di parte del braccio, di tornare a muovere dita robotiche. Allo storico risultato si è giunti impiantando elettrodi nei nervi e nei muscoli con un processo di osteointegrazione che integra cioè metallo e ossa.
La reinnervazione muscolare mirata (TMR) è un processo chirurgico che coinvolge il reinstradamento selettivo dei nervi per migliorare il controllo muscolare in determinate zone del corpo. Quando un paziente subisce un’amputazione o un intervento chirurgico che coinvolge la rimozione di parti significative di un arto, le terminazioni che in precedenza innervavano quei muscoli possono risultare tagliate o danneggiate. La reinnervazione mirata cerca di riabilitare la funzionalità muscolare, consentendo al paziente di controllare in modo più preciso e naturale le nuove strutture.
Come funziona la protesi bionica comandata attraverso cervello e nervi
Il passaggio in più che ha interessato la paziente svedese riguarda lo sviluppo di un’interfaccia uomo-macchina che consente alla protesi di essere collegata allo scheletro tramite osteointegrazione, consentendo la connessione elettrica con il sistema nervoso attraverso elettrodi impiantati nei nervi e nei muscoli. Il video pubblicato su YouTube mostra i dettagli dell’operazione.
La svedese Karin (le sue generalità complete non sono state diffuse) è la prima persona con amputazione sotto il gomito che ha ricevuto la nuova mano bionica altamente integrata che può essere utilizzata per svolgere le più comuni attività quotidiane.
L’impianto neuromuscoloscheletrico per coordinare controllo biologico ed elettronico
La protesi bionica rappresenta il raggiungimento di una serie di traguardi (lo studio è pubblicato su Science): uno dei più avveniristici ha a che fare con lo sviluppo di un impianto neuromuscoloscheletrico adatto che ha permesso di collegare il sistema di controllo biologico della paziente (il sistema nervoso) con il sistema di controllo elettronico della protesi. Karin spiega che dopo l’impianto, i suoi dolori si sono significativamente ridotti rispetto al passato. Gli esperti giustificano il fenomeno spiegando che Karin sta ora utilizzando in qualche modo le stesse risorse neurali per controllare la protesi, come faceva con la sua mano biologica tanto tempo fa.
Il movimento delle braccia e delle mani è orchestrato da complessi circuiti neurali che coinvolgono il sistema nervoso centrale (SNC) e il sistema nervoso periferico (SNP). Il processo di controllo del movimento è noto come “controllo motorio” e coinvolge una serie di segnali elettrici e chimici che si verificano attraverso il sistema nervoso. Il cervello umano svolge ovviamente un ruolo fondamentale nel controllo del movimento. L’area principale coinvolta è la corteccia motoria, situata nel lobo frontale del cervello. Questa regione elabora informazioni relative al movimento e invia segnali ai muscoli attraverso la via cortico-spinale. Ecco perché si può dire che la protesi bionica è comandata con il cervello, assecondando i processi che avvengono normalmente nel corpo umano.
C’è tanta Italia nel’operazione che ha riconsegnato l’uso di braccio e mano a una paziente
Sebbene la sperimentazione sia guidata da un team svedese, l’Italia è protagonista. Il professor Christian Cipriani, della Scuola Sant’Anna di Pisa, ha spiegato che il progetto DeTOP (Dexterous Transradial Osseointegrated Prosthesis with neural control and sensory feedback), finanziato dalla Commissione Europea, ha offerto un’ottima opportunità di collaborazione che ha reso possibile la consolidazione delle tecnologie protesiche e robotiche all’avanguardia.
Il dottor Paolo Sassu (Istituto Ortopedico Rizzoli italiano e Center for Bionics and Pain Research svedese), invece, ha curato l’intervento chirurgico per l’impianto della protesi. La mano bionica, a sua volta connessa con la protesi fissata sul braccio, si chiama Mia Hand ed è sviluppata e realizzata dall’azienda italiana di robotica Prensilla, con sede vicino Pisa. Mia Hand consente ai pazienti di muovere liberamente le dita stabilendo una connessione elettrica con il sistema nervoso.
Quando il paziente pensa al movimento della dita, i nervi del braccio vengono attivati e il sensore incorporato nella mano protesica capta i segnali elettrici muovendo l’organo prensile umano di conseguenza. Combinando l’osteointegrazione con la chirurgia ricostruttiva, l’impianto di elettrodi e l’intelligenza artificiale diventa possibile ripristinare la funzione umana in un modo senza precedenti.
Inutile dire che Karin si è sottoposta a un certo periodo di “formazione” per riuscire a muovere braccio e mano protesiche come desiderato. Questa fase ha coinvolto l’utilizzo di un computer che ha guidato la paziente nella gestione degli stimoli di movimento. Grazie a ripetuti allenamenti, Karin riesce oggi a giudicare addirittura la durezza degli oggetti che prende in mano.
Le immagini nell’articolo sono tratte dal video del professor Max Ortiz Catalan et al. (Science Robotics, 2023), capo della ricerca sulle protesi neurali presso il Bionics Institute in Australia e fondatore del Center for Bionics and Pain Research (CBPR) in Svezia.