Si torna a parlare di Pegasus, uno spyware progettato, sviluppato e commercializzato dall’azienda israeliana NSO Group per monitorare le attività digitali svolte da soggetti noti alle forze di polizia e sorvegliati a distanza perché verosimilmente coinvolti in importanti indagini e reati di particolare gravità. Almeno stando a quanto dichiarato dagli sviluppatori.
In realtà l’applicazione Pegasus sarebbe stata venduta e messa nelle mani di soggetti senza scrupoli che l’hanno utilizzata per anni al fine di spiare giornalisti, organizzazioni di elevato profilo, dissidenti, politici, accademici e tanti altri bersagli violando sistematicamente la loro privacy con conseguenze che vanno ben oltre la raccolta di dati.
Pegasus, una volta installato sullo smartphone della vittima, permette agli aggressori di avere pieno accesso ai messaggi, alle email, ai media, al microfono, alla fotocamera, alle chiamate e ai contatti del dispositivo.
Nel 2019 WhatsApp ha avviato un’azione legale contro NSO facendo presente che Pegasus è stato utilizzato per superare le difese imposte dalla crittografia end-to-end e spiare inconsapevoli utenti del servizio di messaggistica.
Esattamente un anno fa Citizen Lab aveva scoperto la presenza di Pegasus su 36 smartphone appartenenti a giornalisti verosimilmente tenuti sotto stretta sorveglianza da parte di soggetti medio orientali.
Ora una collaborazione pionieristica tra più di 80 giornalisti di 17 importanti aziende del settore media in 10 Paesi coordinata da Forbidden Stories, organizzazione senza scopo di lucro con sede a Parigi, con il supporto tecnico di Amnesty International, ha permesso di condurre una serie di test per identificare le tracce dello spyware e individuare i tratti comuni di ciascun attacco.
Finora, l’indagine ha identificato 50.000 obiettivi, tra cui almeno 180 giornalisti in 20 Paesi che sono stati selezionati per l’installazione dello spyware NSO tra il 2016 e il mese di giugno 2021. Sulla base dei dati trapelati e della ricerca condotta da Forbidden Stories, sono stati identificati clienti di NSO che hanno usato la piattaforma Pegasus da tante nazioni generalmente per sorvegliare soggetti stranieri: Azerbaijan, Bahrain, Ungheria, India, Kazakistan, Messico, Marocco, Ruanda, Arabia Saudita, Togo ed Emirati Arabi Uniti.
Mentre NSO Group continua a respingere quelle che vengono bollate come “affermazioni false” con un’indagine che si baserebbe su “ipotesi errate” e “teorie non comprovate”, Amnesty International ha fatto sapere che lo studio su Pegasus elaborato in questi mesi e i cui dettagli saranno a breve resi pubblici, smonteranno la linea di difesa di NSO.
“Mentre NSO sostiene che il suo spyware è usato solo per indagini di polizia soprattutto nell’ambito del terrorismo, è chiaro che questa tecnologia facilita l’abuso sistematico. Descrivono usi legittimi mentre si rendono responsabili di violazioni dei diritti umani su ampia scala“, ha commentato Agnès Callamard, segretario generale di Amnesty International. “Lo spyware di NSO è un’arma di scelta dai governi repressivi che cercano di mettere a tacere i giornalisti, prendere di mira gli attivisti e schiacciare il dissenso, mettendo a rischio innumerevoli vite“.