La fotonica porta con sé grandi vantaggi rispetto all’elettronica. Riuscire a trasferire le informazioni con un limite fisico pari a quello della velocità della luce porta con sé immense sfide ed enormi opportunità.
Nelle telecomunicazioni e nelle reti di computer la fibra ottica utilizza fotoni (luce) che si propagano lungo il mezzo trasmissivo al posto della corrente elettrica.
Sono in corso numerosi progetti per utilizzare le proprietà della fotonica nell’informatica velocizzando significativamente le comunicazioni anche in “piccola scala”, a livello di interfaccia.
I ricercatori dell’Università di Oxford hanno sviluppato un processore fotonico che utilizza la polarizzazione della luce per massimizzare la densità delle informazioni elaborate e le prestazioni di calcolo.
La polarizzazione della radiazione elettromagnetica indica la direzione dell’oscillazione del vettore campo elettrico durante la propagazione dell’onda nello spazio-tempo. In parole povere esprime l’orientamento geometrico delle oscillazioni del segnale luminoso.
Le diverse lunghezze d’onda della luce non interagiscono tra loro (caratteristica essenziale per le comunicazioni su fibra ottica) così come le diverse polarizzazioni. Grazie alla fotonica è quindi possibile usare più canali indipendenti che consentono di gestire e “muovere” i dati contemporaneamente.
Gli accademici di Oxford hanno sfruttato le proprietà della luce, così come documentato su Science Advances, sviluppando un nanofilo HAD (Hybridized Active Dielectric) sensibile all’illuminazione mediante impulsi ottici. Ogni nanofilo risponde selettivamente a una specifica polarizzazione: le informazioni possono essere elaborate contemporaneamente utilizzando più polarizzazioni.
Rispetto ai chip tradizionali in silicio, le velocità di calcolo di un processore fotonico sono molto più elevate perché questi nanofili sono modulati da impulsi ottici che rispondono nell’ordine dei nanosecondi. Per questo il nuovo chip promette di essere oltre 300 volte più veloce e più denso degli attuali.
I ricercatori universitari spiegano che siamo solamente all’inizio: la sfida futura consiste nello sfruttare tutti i gradi di libertà offerti dalla luce, inclusa la polarizzazione, al fine di parallelizzare al massimo l’elaborazione delle informazioni. Ci vorranno ancora anni di sviluppo ma l’interesse è grande.
La legge di Moore che ha definito la strategia di business nell’industria dei semiconduttori è stata un po’ la chiave che ha portato ad aumentare la densità e con essa il numero di transistor insieme con le prestazioni. Il fatto è che i limiti fisici si fanno sentire e funzionalità come l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico richiedono invece hardware sempre più avanzato e specializzato.
Produttore come Intel e TSMC si sfidano nel portare all’estremo la miniaturizzazione dei rispettivi chip: la società di Santa Clara parla dell’era angstrom mentre l’azienda taiwanese si attrezza per passare all’architettura GAAFET entro il 2025. Utilizzando la litografia ultravioletta estrema (EUV) si sta però spremendo al massimo la tecnologia basata sul silicio.
Progetti come il processore fotonico, che sfrutta la caratteristica della polarizzazione luminosa, potrebbero essere la risposta. E i tempi potrebbero finalmente essere più maturi: già nel lontano 2003 gli israeliani di Lenslet svilupparono un progetto simile.