Presentato uno schermo flessibile ultrasottile stampabile come un foglio di carta

Un team di ricercatori universitari ha presentato un materiale sottilissimo, dello spessore dell'ordine dei nanometri, che potrà essere utilizzato per realizzare schermi flessibili estremamente versatili, economici e resistenti.

Un gruppo di ricercatori del Royal Melbourne Institute of Technology (RMIT) australiano ha messo a punto un materiale ultra sottile e malleabile destinato ad essere utilizzato in futuro per la creazione di schermi flessibili che potrebbero essere “stampati” e piegati come la carta.

Creato a partire da un film di ossido di indio-stagno già utilizzato nei touch screen della maggior parte dei nostri dispositivi, il nuovo materiale si presenta come un sottile foglio che riduce il suo spesso fino a 100 volte rispetto agli standard attuali raggiungendo unità nanometriche.

Le pellicole conduttive così progettate non soltanto sono compatibili con gli odierni dispositivi elettronici ma aggiungono anche un’incredibile flessibilità e una maggiore resistenza rispetto a quanto realizzato fino ad oggi.

Senza dubbio uno dei maggiori vantaggi consiste nel fatto che il film realizzato dagli accademici australiani potrebbe un modello molto più economico ed efficiente rispetto alla procedura lenta e costosa che porta alla produzione degli attuali touch screen.

Il team di ricerca è ora concentrato nelle attività di sviluppo di un prototipo di touch screen completamente funzionante e ha già richiesto la registrazione di un primo brevetto.

Il lavoro svolto a Melbourne è di sicuro interesse per l’intera industria con i produttori che potrebbero usare nel prossimo futuro la nuova tecnologia per realizzare dispositivi pieghevoli molto più a buon mercato rispetto ai primi modelli che hanno fatto sinora capolino. In prospettiva sarà quindi possibile proporre agli utenti finali dispositivi flessibili decisamente meno fragili per ciò che riguarda il display rispetto all’offerta attuale.

Tutti i dettagli sulla ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature.

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