Con un provvedimento di legge entrato in vigore l’8 agosto 2023, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) è investita di nuovi poteri al fine di contrastare, in maniera più efficace e tempestiva, tutte le azioni di pirateria online che coinvolgono trasmissioni non autorizzate di eventi online in streaming.
La normativa ha introdotto il concetto di Piracy Shield, la piattaforma AGCOM per contrastare lo streaming pirata. In passato abbiamo avuto modo di presentarne il funzionamento nel dettaglio, concentrandoci anche su luci e ombre. Nello specifico, i provider di telecomunicazioni devono attivarsi per bloccare gli indirizzi IP dei sistemi utilizzati per diffondere materiali protetti dal diritto d’autore (essenzialmente partite di calcio ed eventi sportivi in generale), quando ciò avviene senza alcuna autorizzazione.
Gli aventi diritto (ad esempio i network televisivi e le piattaforme di streaming che diffondono i contenuti) possono accedere alla piattaforma Piracy Shield per segnalare reati e ottenere il blocco quasi istantaneo dei “flussi pirata” (nel giro di 30 minuti).
L’iniziativa supportata da AGCOM rappresenta quindi un netto “cambio di passo” rispetto al passato perché da un lato accresce le responsabilità dei provider che non solo devono attivarsi per bloccare tempestivamente gli streaming non autorizzati ma sono tenuti a verificare che le azioni di “censura” non vadano ad impattare su clienti legittimi, ad esempio coloro che – a loro insaputa – condividono uno stesso indirizzo IP pubblico con i “pirati digitali”.
Braccio di ferro tra AGCOM e Assoprovider su Piracy Shield
Assoprovider è un’associazione che riunisce alcuni tra i principali fornitori di servizi Internet (ISP) medio-piccoli. Fondata nel 1999, Assoprovider svolge un ruolo significativo nel settore, contribuendo con una serie di attività volte alla promozione e alla gestione delle comunicazioni online.
L’associazione aveva chiesto ad AGCOM di fornire gli accessi agli atti della piattaforma Piracy Shield. Nello specifico, Assoprovider osservava che alcune delle inibizioni disposte attraverso la piattaforma, sembravano aver coinvolto anche soggetti del tutto estranei alle attività di pirateria audiovisiva.
Come accennavamo in precedenza, infatti, questi “effetti collaterali” possono essere piuttosto frequenti perché sono estremamente comuni le situazioni in cui più siti Web, ascrivibili a soggetti differenti, risultano ospitati su macchine che rispondono al medesimo indirizzo IP pubblico. In un altro articolo abbiamo visto come scoprire a chi è intestato un dominio e quali altri siti sono ospitati sul server. Prendiamo ad esempio lo stesso servizio proxy Cloudflare: un numero incalcolabile di siti Web spesso risponde allo stesso indirizzo IP pubblico, IPv4 o IPv6 che sia.
La richiesta di Assoprovider trasmessa ad AGCOM
Contestando alla base il funzionamento di Piracy Shield, Assoprovider aveva esortato AGCOM a condividere la lista dei “provvedimenti di inibizione all’accesso“, attuati attraverso la piattaforma. Questo, come spiegato in precedenza, proprio sulla base del fatto che le “azioni censorie” disposte dagli aventi titolo hanno spesso penalizzato anche soggetti che non c’entravano nulla con le attività di pirateria, causando un danno ai loro legittimi interessi e al loro business.
Assoprovider spiega che la sua istanza è stata respinta da AGCOM così come sono state rigettate anche richieste del tutto simili rivolte da altri cittadini coinvolti, del tutto incolpevolmente, “nei blocchi indiscriminati attuati dalla piattaforma“.
AGCOM multa Assoprovider per aver ostacolato le attività di vigilanza
Nel suo breve commento, Assoprovider sostiene di aver partecipato attivamente al tavolo di lavoro istituito dall’Autorità in materia di contrasto alle attività illegali finché le è stato permesso. Ha inoltre chiesto spiegazioni ad AGCOM del perché dovesse fornire ad un certo punto la lista dei provider italiani. Nel dettagliare il suo punto di vista, Assoprovider osserva che “tali dati sono già in possesso dell’AGCOM, che è gestore del registro pubblico degli operatori di comunicazione (ROC) e che conosce, come del resto affermato nelle proprie memorie difensive davanti al TAR Lazio, i dati di identificazione di tutti gli operatori di rete e servizi di comunicazione“.
Schieratasi fin dal principio contro la piattaforma Piracy Shield, presentando un ricorso al TAR, successivamente respinto, Assoprovider descrive il sistema antipirateria adottato come una soluzione che tanto sta facendo discutere e punta i piedi. Sebbene non citi espressamente la delibera AGCOM con cui l’Autorità ha deciso di sanzionare Assoprovider, l’organizzazione – anche per tramite del suo presidente Giovanbattista Frontera – fa sapere che continuerà a battersi in tutte le sedi legali e giurisdizionali disponibili. L’obiettivo sarebbe quello di affermare i diritti costituzionali e il riconoscimento per i cittadini del diritto ad una giusta difesa.
La decisione di AGCOM nei confronti di Assoprovider, nel dettaglio
Sebbene la notizia della multa a carico di Assoprovider sia venuta a galla soltanto nelle scorse ore, con una semplice ricerca su sito AGCOM abbiamo accertato che il provvedimento sanzionatorio risale al 19 marzo 2024.
Secondo AGCOM, Assoprovider non ha fornito alcuna fondata motivazione per giustificare l’omessa comunicazione dell’elenco degli associati, che altre associazioni analoghe pubblicano sul proprio sito Internet. Inoltre, “contrariamente a quanto osservato da Assoprovider, le banche dati a disposizione dell’Autorità (Registro pubblico degli Operatori di Comunicazione ed elenco dei soggetti richiedenti l’autorizzazione generale per la fornitura ed i servizi di comunicazione elettronica presso il MIMIT) non forniscono alcun elemento in ordine all’appartenenza degli operatori alle Associazioni“, si legge nella delibera dell’Autorità.
AGCOM critica aspramente il comportamento di Assoprovider qualificandolo come una condotta particolarmente grave: “la conoscenza da parte dell’Autorità dell’elenco degli associati ad Assoprovider costituiva un requisito imprescindibile ai fini dell’effettivo funzionamento della piattaforma, come chiarito nel corso dei lavori del tavolo tecnico“.
A valle della violazione contestata, l’Autorità ha così deciso di infliggere ad Assoprovider una multa di 1.032 euro diffidando altresì l’associazione dal proseguire con il comportamento sin qui tenuto. La contestazione può essere comunque impugnata e contestata dinanzi al TAR del Lazio entro 60 giorni.
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