L’uso dei browser incorporati nelle app (i cosiddetti browser in-app) è una pratica diffusa che, sebbene possa sembrare vantaggiosa, nasconde una serie di problemi significativi che minacciano la privacy degli utenti e l’innovazione nel mondo digitale.
Open Web Advocacy (OWA) è un’organizzazione che promuove e difende l’apertura e la standardizzazione del Web. Si tratta di un impegno per garantire che il Web rimanga libero, universale e accessibile a tutti, contrastando pratiche anti-competitive e favorendo l’innovazione nel settore delle applicazioni.
Il team di OWA ha come obiettivo anche la sensibilizzazione degli enti regolatori e dei legislatori sulle questioni cruciali che riguardano il futuro del Web, come nel caso dell’iniziativa volta a promuovere l’utilizzo di browser di terze parti su Apple iOS.
Perché i browser in-app rappresentano un serio problema
I browser in-app sono funzionalità che consentono agli utenti di visualizzare pagine Web direttamente all’interno di un’applicazione, anziché aprirle con il browser predefinito impostato sul dispositivo. Nel caso di Android, un esempio è il noto componente System WebView.
OWA, in una nota volta proprio ad accendere un faro sulla questione, ha evidenziato come i giganti tecnologici stiano limitando la scelta degli utenti riguardo al browser predefinito. E ciò proprio spingendo sull’uso dei browser in-app.
Questo comportamento, oltre a danneggiare gli interessi dei consumatori e degli sviluppatori, arrecherebbe gravi danni all’ecosistema Web nel suo complesso.
Limitazione della libertà di scelta, possibili violazioni della privacy e conseguenze negative sull’innovazione
L’utilizzo di browser in-app, osserva ancora OWA, prende automaticamente il posto (peraltro in modo silenzioso) del browser Web impostato di default dall’utente limitando la sua libertà di scelta.
OWA prosegue argomentando come i browser in-app consentano eventualmente alle applicazioni di “spiare” e manipolare i siti Web di terze parti, mettendo a rischio la privacy degli utenti. “Applicazioni come Instagram, Messenger (Meta) e Facebook sono state sorprese a iniettare codice JavaScript nei siti Web di terze parti usando il browser in-app“, si legge nell’intervento di OWA.
Queste operazioni possono portare alla racconta di dati personali e informazioni riservate senza il consenso dell’utente.
Infine, sempre secondo OWA, la presenza di browser incorporati all’interno delle app limita la concorrenza e l’innovazione nel settore dei browser. I browser in-app non sarebbero soggetti a sostenere la pressione competitiva per migliorare le proprie funzionalità e la sicurezza.
Le soluzioni proposte per affrontare il problema
Per confrontarsi, in ottica futura, con il problema dei browser in-app, OWA propone una serie di rimedi.
Innanzi tutto, le app dovrebbero utilizzare per default il browser predefinito impostato dall’utente per aprire collegamenti verso siti Web di terze parti. Sia Apple che Google, inoltre, dovrebbero aggiornare i propri sistemi per garantire il rispetto della scelta del browser da parte dell’utente.
Gli sviluppatori e le aziende, inoltre, dovrebbero essere messi nelle condizioni di scegliere di non utilizzare browser incorporati nelle loro app.
Le app, inoltre, dovrebbero richiedere il consenso esplicito degli utenti allorquando intendessero utilizzare il browser in-app anziché quello predefinito.