Il caso “Google Books” è sempre più una tela di Penelope. Il giudice della “Southern District Court” di New York ha deciso di prendersi tempo per esaminare tutti i voluminosi incartamenti del procedimento. Solo dopo questa attività di analisi e di studio sarà possibile emettere una sentenza.
Il giudice Denny Chin si è sentito avanzare una richiesta di udienza da 27 parti che, per un motivo o per l’altro, intendevano esporre alla corte il proprio punto di vista. Cinque realtà, tra le quali Sony, la federazione nazionale pro ciechi ed il “Center for Democracy and Technology”, si sono espresse a favore dell’accordo tra Google e gli editori statunitensi. Le altre 22 parti in causa hanno invece manifestato l’intenzione di opporsi al patteggiamento: tra di esse spiccano i nomi di Amazon, Microsoft, della “Open Book Alliance” e dell'”Electronic Privacy Information Center”.
I favorevoli all’intesa Google-editori si sono dichiarati entusiasti dell’idea di mettere a disposizione, in forma elettronica, testi che appaiono difficoltosi da reperire: dal momento che sarebbero raggiungibili da un’enorme fetta di lettori, tali libri non si perderebbero più nelle pieghe degli anni.
Di contro, i detrattori dell’accordo hanno osservato come i termini del pattaggiamento proposto violerebbero numerose leggi degli Stati Uniti che tutelano il diritto d’autore. Altri oppositori hanno fatto riferimento a problematiche legate alla concorrenza ed alla tutela della privacy.
L’accordo di patteggiamento raggiunto nel mese di ottobre 2008 tra Google gli editori USA affonda le sue radici in un’azione legale intentata nel 2005 da parte delle associazioni degli autori, dei “publisher” e di altre organizzazioni che difendono i diritti di scrittori e produttori. L’intesa accorda a Google di effettuare liberamente una scansione di quei testi che sono sì coperti da copyright ma che non vengono più stampati. Il colosso di Mountain View avrebbe poi l’obbligo di istituire uno speciale registro recante l’elenco dei libri oggetto di digitalizzazione e notificare agli autori dei vari testi il riutilizzo delle loro opere. Mettendo a disposizione dei lettori, online, una versione elettronica di quei stessi testi, Google si è impegnata a versare agli autori una parte dei profitti pur restando degli aventi titolo il diritto di rifiutare ulteriori diffusioni online dei propri lavori.
La prima versione dell’accordo è stata però bocciata dal Dipartimento della Giustizia (DOJ) ed a novembre scorso le parti hanno ripresentato una nuova bozza dell’intesa.
Anche questa seconda versione potrebbe però non passare il vaglio delle autorità. A Google viene contestato infatti che, con un’impostazione simile, verrebbe sminuito il diritto di una approvazione a propri alla pubblicazione che gli autori dovrebbero poter sempre esercitare. Daralyn Durie, legale di Google, ha fatto presente come l’approccio “opt-in” non sia applicabile e che quindi che non possa essere considerato come un punto negoziabile. Secondo il punto di vista della società non è possibile sapere a priori quali libri saranno popolari nella versione elettronica: l’individuazione di ogni autore e la richiesta di una specifica autorizzazione alla digitalizzazione si concretizzerebbero in un’operazione dai costi proibitivi. L’avvocato Durie ha stimato come, negli Stati Uniti, vi siano all’incirca cinque milioni di opere ormai non più ristampate ma ancora soggette alle leggi sul copyright. In molti casi gli autori di quei testi non sono rintracciabili rendendoli “pubblicazioni orfane”.
Thomas Rubin, uno dei legali di Microsoft esperti di tematiche legate alla proprietà intellettuale, ha osservato come il patteggiamento ponga Google in una condizione vantaggiosa, soprattutto per ciò che riguarda il settore delle ricerche. La società fondata da Larry Page e Sergey Brin avrebbe il diritto di digitalizzare sino a 147 milioni di opere “fuori stampa” con la possibilità di inserirne i risultati nelle proprie SERP. Le altre aziende, invece – osserva Rubin – dovrebbero comunque procurarsi i diritti di riproduzione per ogni singolo testo.
I rappresentanti della “Electronic Frontier Foundation” (EFF) e del “Center for Democracy and Technology” (CDT), dal canto loro, hanno sollevato obiezioni osservando come Google avrà di fatto la possibilità di tracciare quali libri leggono gli utenti sino alle specifiche pagine oggetto di interesse. Marc Rotenberg, direttore esecutivo dell'”Electronic Privacy Information Center”, ha rincaricato la dose affermando come di certo Google, essendo una realtà commerciale, non garantirebbe lo stesso livello di anominato che ha oggi un utente recandosi in una qualunque delle librerie degli States ed aggiunge come il “conflitto d’interesse” che verrebbe a crearsi sarebbe molto difficoltoso da mitigare.
Janet Cullum (Sony) si è dichiarata molto favorevole all’iniziativa di Google perché permetterebbe di fruire comodamente online di un’enorme mole di materiale. Il registro che si occuperebbe di gestire “i rapporti” tra il servizio Books e gli autori potrebbe poi agire in maniera autonoma, svincolandosi dalla società di Mountain View.
Entusiasta è anche il presidente dell’associazione nazionale ciechi, Marc Maurer, che vede l’accordo un’importante novità per tutti coloro che soffrono di cecità o lamentano gravi disfunzioni visibile. Gli strumenti tecnologici per la lettura assistita dei testi, oggi disponibili, consentirerebbero una fruizione del servizio Google Books.
Paul Courant, uno dei responsabili della biblioteca dell’Università del Michigan, ha fatto notare come il processo di digitalizzazione possa preservare un numero di testi storici ed accademici che diversamente sarebbero destinati all’oblio o alla progressiva distruzione (poche copie disponibili in un numero molto ristretto di librerie).
La parola “fine” sembra quindi ancora essere lontana. Il giudice Chin si esprimerà nel merito in una data che deve essere ancora definita. Non c’è stato alcun invito esplicito ma in molti hanno riletto quanto accaduto nelle scorse ore come un’esortazione, nei confronti delle parti in causa, ad addivenire ad un accordo.
Per altre informazioni sull’accordo relativo al servizio Google Books, suggeriamo di fare riferimento a queste precedenti notizie.