Il CEO di Intel Pat Gelsinger torna a parlare di legge di Moore che, nel corso degli anni, è diventata un obiettivo e un punto di riferimento per l’intera industria tecnologica. Gordon Moore, deceduto a fine marzo 2023 all’età di 94 anni, affermava nel 1965 che il numero di transistor all’interno di un circuito integrato (un chip) sarebbe approssimativamente raddoppiato ogni 18-24 mesi. Sebbene alle osservazioni di Moore (che avrebbe poi cofondato Intel nel 1968) siano state subito promosse a “legge”, esse erano figlie di analisi basate sull’andamento dell’industria dei semiconduttori negli anni ’60.
Eppure, l’aumento costante della densità di transistor ha permesso di realizzare chip sempre più potenti e complessi, con un’evoluzione che di fatto ha seguito la curva indicata dalla legge di Moore. Le moderne sfide tecnologiche legate alla miniaturizzazione dei transistor hanno portato i produttori a scontrarsi con i limiti fisici.
E mentre NVidia, facendo eco agli studi pubblicati su Nature, celebrava già nel 2020 la fine della legge di Moore invitando a parlare di legge di Huang, dal suo fondatore, presidente e CEO Jen-Hsun Huang, per via del “prodigioso” aumento delle prestazioni delle GPU, Intel ha sempre continuato a scommettere sulla validità degli assiomi di Moore.
Tra l’altro l’uso dell’architettura a chiplet, che storicamente ha visto AMD in prima fila, aggiunge una nuova “dimensione” ed è accreditata come uno degli strumenti (forse il principale) per riportare in vita la legge di Moore.
Pat Gelsinger: la legge di Moore resta valida. È l’industria che ha rallentato passando da un ciclo di due anni a uno di tre anni
Tornando ancora una volta sull’argomento, davvero caro a Intel, Pat Gelsinger ha affermato, in occasione di un incontro organizzato dal MIT (Massachusetts Institute of Technology), che la legge di Moore resta pienamente valida. Il CEO della società di Santa Clara sostiene che, semplicemente, il raddoppio dei transistor contenuti nei chip si registra con una frequenza triennale e non più biennale come avveniva fino a qualche tempo fa.
È l’industria dei semiconduttori che ha rallentato, insomma, e Gelsinger ha anche condiviso quelle che secondo lui sono le strategie più efficaci per tenere il passo con la legge di Moore, così come inizialmente formulata.
Sin dal momento del suo insediamento alle redini di Intel, Gelsinger ha detto che l’azienda non solo riuscirà a guardare alla stella polare rappresentata dalla legge di Moore ma potrebbe addirittura proseguire a un ritmo ancora più spedito. Il 2031 è l’anno in cui si potranno tirare le somme del lavoro che si sta promuovendo in questi giorni.
Verso un chip Intel da 1.000 miliardi di transistor entro il 2030
Le tecnologie di packaging dei chip 2.5D e 3D (si pensi a Foveros) permetteranno di tornare ad aumentare, in modo significativo, il numero di transistor in gioco.
Originariamente, i nuovi processi produttivi dei processori erano sufficienti da soli per ottenere un raddoppio dei transistor ogni due anni, come previsto dalla legge di Moore. Proseguendo sulla strada della miniaturizzazione sempre più spinta, i processi più recenti hanno condotto a progressi più contenuti in termini di densità di transistor, impiegando anche più tempo per arrivare sul mercato. Si pensi, ad esempio, a nodi Intel 7 e Intel 4.
Nonostante questi rallentamenti, comunque, secondo Gelsinger Intel potrebbe creare un chip da 1.000 miliardi di transistor entro il 2030, quando oggi il chip più “denso” conta circa 100 miliardi di transistor a livello di singolo package.
Il CEO afferma che quattro cose rendono possibile il raggiungimento dell’ambizioso traguardo: i nuovi transistor RibbonFET, l’alimentazione mediante tecnologia PowerVIA, l’utilizzo di processi produttivi ancora più evoluti e lo stacking 3D dei chip.
C’è però anche l’aspetto economico da non trascurare e con il quale i produttori di chip devono fare i conti: “una fabbrica moderna sette o otto anni fa sarebbe costata circa 10 miliardi di dollari“, sostiene Gelsinger. “Oggi costa circa 20 miliardi di dollari“. La società di consulenza IBS, ha previsto che un impianto per la realizzazione di chip a 2 nm potrebbe costare circa 28 miliardi di dollari, ovvero il 50% in più rispetto a un impianto incentrato sui 3 nm. La crescente necessità di strumenti di litografia ultravioletta estrema (EUV) è una delle cause principali delle crescenti spese.