La domanda di contenuti multimediali, da parte degli utenti, è sempre più elevata e non è semplice garantire un buon livello di performance, ad esempio, quando si visualizza un video su YouTube. Il progetto “A faster Internet“, dal sottotitolo “The Global Internet Speedup“, è stato promosso da OpenDNS e Google con l’intento di velocizzare la veicolazione dei contenuti via a via richiesti da ciascun utente della Rete.
L’intento delle due società è quello di creare un nuovo standard che permetta di inviare all’utente i contenuti richiesti attingendo ai server più vicini alla sua posizione geografica. Secondo quanto dichiarato dai promotori dell’iniziativa, il nuovo approccio permetterebbe di “diminuire la latenza durante la tramissione di contenuti che occupano un notevole quantitativo di banda (ad esempio i video) permettendo, allo stesso tempo, un impiego più ragionato della “capacità” della rete Internet a livello mondiale“.
Il DNS gioca ancora una volta un ruolo centrale nell’impianto proposto da OpenDNS e Google permettendo di individuare le risorse richieste, attingendo alla locazione più corretta.
Il meccanismo che regola il funzionamento del DNS è ormai noto: dato un indirizzo mnemonico (ad esempio www.ilsoftware.it
) questo viene automaticamente tradotto in un IP verso il quale saranno poi instradate le richieste dell’utente (per tutti i dettagli, suggeriamo di fare riferimento a questo nostro articolo).
“Ma cosa accade quando, consultando le pagine gialle si rileva che usa stessa società ha 50 differenti filiali?“, si legge sul sito del progetto “A faster Internet“. “Probabilmente si vorrà raggiungere quella più vicina. Allo stesso modo, allorquando ci si volesse collegare con un sito web il cui funzionamento viene spalmato su 50 locazioni geografiche, in tutto il mondo, è auspicabile – anche qui – di poter raggiungere sempre quella più vicina“. Sino ad oggi, il funzionamento del sistema DNS non permette che venga effettuata una scelta automatica, ponderata, sulla più corretta locazione verso la quale instradare le richieste dell’utente.
Per adesso, solo chi utilizza i server DNS di Google o quelli di OpenDNS può fruire di una simile caratteristica. In questo caso, infatti, alla canonica richiesta DNS, viene abbinata anche una versione troncata dell’indirizzo IP della macchina client. Tale informazione sarà utilizzata dal servizio remoto (ad esempio YouTube) o dalla rete CDN (Content Delivery Network; si tratta di un termine usato per descrivere un sistema di computer connessi in Rete che collaborano in modo trasparente per la distribuzione dei contenuti) per elaborare una risposta che sia più adeguata possibile (mettendo, quindi, in comunicazione il cliente dell’utente col server ottimale in termini di velocità di trasferimento dei dati).
Si tratta, insomma, di un “routing intelligente”, secondo Google che dovrebbe essere universalmente adottato.
Per questo motivo, OpenDNS e Google hanno inviato all’IETF (“Internet Engineering Task Force”) una richiesta di approvazione come standard della specifica edns-client-subnet-00
.
Tra le società che hanno subito aderito all’iniziativa promossa dal duo OpenDNS-Google, vi sono nomi quali EdgeCast, CDNetworks, BitGravity, Comodo e CloudFlare.
L’aggiunta del riferimento ad una porzione dell’indirizzo IP dell’utente all’interno della richiesta DNS potrà avere qualche impatto in termini di privacy: nelle richieste DNS tradizionali, infatti, tale dato è completamente assente.