Si torna a parlare pubblicamente dell’ipotesi della rete unica con la “fusione” delle infrastrutture di Open Fiber e TIM. Dopo le dichiarazioni al vetriolo di dicembre 2019 (vedere Fusione TIM Open Fiber: l’operatore wholesale only è contrario), il presidente di TIM Salvatore Rossi è tornato sull’argomento nel corso di un’intervista rilasciata a La Stampa.
Secondo la tesi di Rossi sarebbe cruciale arrivare a una fusione tra le due reti in tempi molto brevi sotto la stretta vigilanza di AGCOM perché, da un lato, è ridicolo che due player importanti come TIM e Open Fiber “scavino a mezzo metro l’uno dall’altro” e dall’altro si tratterebbe di un passaggio fondamentale per dotare il nostro Paese delle infrastrutture tecnologiche necessarie per compiere “il grande salto”.
A stretto giro è arrivato il commento di Franco Bassanini, presidente di Open Fiber che dice di aver apprezzato l’intervento dell’omologo di TIM: una presa posizione, quella di Rossi, che “sembra mettere fine alla tradizionale strategia di Telecom Italia intesa a diluire nel tempo la migrazione dalle infrastrutture in rame o ibride alle infrastrutture di TLC di nuova generazione“.
Ricorda Bassanini che nella prospettiva della “Gigabit Society“, al centro della strategia digitale della Commissione europea vi è la rapida migrazione dal rame alla fibra così come gli investimenti su 5G ed edge cloud computing per i quali la disponibilità di collegamenti in fibra è assolutamente essenziale.
Bassanini osserva anche che “finora Telecom Italia sembrava privilegiare soluzioni ibride fibra-rame. Se l’intervista di Rossi significa che questa preferenza è superata, dobbiamo considerarla una buona notizia per il Paese“.
Il presidente di Open Fiber non manca però di lanciare una stoccata rammentando che a vigilare sul tema dell’eventuale infrastruttura di rete unica c’è non soltanto AGCOM ma anche l’antitrust (AGCM) che è specificamente competente in materia di merger.
Per Bassanini si può valutare la creazione di una rete per le telecomunicazioni unica ma le condizioni dovranno essere stabilite dall’antitrust in modo tale da salvaguardare la concorrenza fra i vari player che operano nel mercato dei servizi di telecomunicazioni. E si ricollega all’indicazione data dal Parlamento poco più di un anno fa: “l’infrastruttura unica dovrà essere terza e neutrale, secondo quel modello “wholesale only” che anche il nuovo Codice europeo delle Comunicazioni elettroniche ora privilegia“.