In una dichiarazione rilasciata nei giorni scorsi durante una “War Room” di Enrico Cisnetto e riportata da Il Sole 24 Ore Radiocor Plus (vedere questa pagina), il presidente di TIM Salvatore Rossi ha osservato: “non c’è dubbio che l’Italia è quasi l’unico Paese al mondo a non avere una rete fisica unica ma ad averne una e mezza, l’una e la mezza in concorrenza. Questa cosa non funziona ovviamente e non può funzionare“.
Il riferimento implicito alla “mezza rete” è ovviamente a quella di Open Fiber che sta lavorando su due piani: sia con investimenti in proprio, sia con investimenti pubblici dopo aver vinto tutti e tre i bandi Infratel Italia per realizzare la rete in banda ultralarga nelle aree bianche (conosciute anche come “a fallimento di mercato”).
Incassate la “bordata” dell’amministratore delegato di Infratel, Marco Bellezza (vedere Banda ultralarga: i risultati conseguiti nelle aree bianche non sono soddisfacenti secondo Infratel) e il “via libera” di AGCOM a TIM per l'”accensione” della fibra in molte aree bianche (TIM, 7.000 armadi stradali coperti in banda ultralarga nelle aree bianche. La commovente storia di Giulio), Open Fiber risponde per le rime al presidente di TIM.
A farlo è il presidente di Open Fiber Franco Bassanini che manifesta pubblicamente il suo stupore per le dichiarazioni rese da Rossi.
Pur manifestando il massimo rispetto per il presidente di TIM, Bassanini osserva che “dappertutto, in Europa, lungi dall’esserci un’unica infrastruttura di TLC, c’è invece competizione fra l’infrastruttura dell’incumbent e l’infrastruttura delle Cable TV (che col Docsis 3.1 portano nelle case e negli uffici connessioni ad oltre 1Gbps, competitive con quelle in fibra). In circa una decina di altri Paesi europei ci sono, inoltre, società della fibra a copertura nazionale, pluriregionale o regionale, che rappresentano il terzo e talora il quarto competitore infrastrutturale“.
Secondo Bassanini il fatto che l’Italia, con una rete fisica e mezza, sarebbe un’anomalia non corrisponderebbe affatto al vero e anzi, l’affermazione di Rossi potrebbe essere paragonata a una fake news.
Semmai, aggiunge ancora Bassanini, proprio “l’Italia rappresentava – fino alla nascita di Open Fiber – l’anomalia. Peraltro il superamento dell’anomalia ha determinato – finalmente – un’accelerazione nella costruzione di una moderna infrastruttura in fibra, come registrato da tutte le più autorevoli analisi di mercato“.
Il presidente di Open Fiber non nasconde di essere, da anni, un sostenitore dei vantaggi dell’infrastruttura unica ma spiega di non essersi mai azzardato a sostenere che a sostegno della sua visione vi fosse l’esempio di “quasi tutti i Paesi al mondo” perché non sarebbe stato veritiero e “leale”.
“All’eventuale infrastruttura unica, come hanno scritto qualche anno fa in un rapporto comune AGCM e AGCOM, si può pervenire solo se si tratterà di un’infrastruttura terza e neutrale, in grado di assicurare un totale level playing field tra i service provider. Lo stesso orientamento è stato condiviso a larghissima maggioranza dal Legislatore italiano nella legge di conversione del decreto legge 23 ottobre 2018 in cui il modello di una infrastruttura unica wholesale only, indipendente dai singoli operatori e neutrale, è stato indicato come il più adatto per favorire gli ingenti investimenti necessari a realizzare una infrastruttura ad altissima capacità, a disposizione di tutte le famiglie e le imprese italiane“, continua Bassanini. “Questo è il problema da affrontare, per progredire verso l’infrastruttura unica. Se non ci sono le condizioni per sciogliere questo nodo, se TIM mira solo a tornare al monopolio, è meglio onestamente attrezzarsi alla competizione infrastrutturale“.
Non manca poi una stoccata finale: Bassanini dice che Rossi definisce la rete di Open Fiber come “una mezza rete”. “Una definizione assolutamente lusinghiera“, fa presente il presidente della compartecipata Enel-Cassa Depositi e Prestiti. “Se in due anni e mezzo la società che presiedo ha costruito una rete in fibra ottica future proof che ammonta alla metà dell’infrastruttura legacy (per lo più in rame) che TIM ha realizzato in cinquant’anni, ben vengano ancora due anni e mezzo di sana competizione per dotare tutto il Paese della rete di cui ha urgente bisogno“.
Sempre parlando di infrastruttura di rete e dell’enorme carico addizionale che è stata costretta a gestire durante il periodo di lockdown a causa del COVID-19, il presidente di TIM Rossi aveva osservato: “pensate a cosa sarebbe successo se la rete fosse saltata di fronte a una richiesta di traffico dati (…) che è raddoppiata in poche settimane (…). Non è merito dell’attuale TIM, spero non mi sentano i miei – ha aggiunto – ma degli ingegneri di Sip, di Stet che hanno progettato questa rete in modo talmente robusto, in grado di reggere uno stress test di questa dimensione“.