Appena qualche giorno fa sono cominciate ad emergere alcune indiscrezioni circa l’esistenza di una nuova potente GPU di casa NVidia, contraddistinta dal nome in codice Lovelace. Ovviamente non c’è nulla di ufficiale ma sembra che Lovelace possa costituire le fondamenta della generazione di schede grafiche al debutto nel 2022.
L’azienda fondata e guidata da Jen-Hsun Huang (NVidia già insiste su una legge a suo nome: NVidia: la legge di Moore è morta, c’è solo quella di Huang parlando del futuro delle GPU) avrebbe scelto di usare il processo litografico a 5 nm di TSMC o di Samsung anche se tutti gli indizi sin qui raccolti puntano sulla società taiwanese.
Il chip grafico GA102 che NVidia ha utilizzato per le sue schede Ampère RTX 30 utilizza 7 GPC (Graphics Processing Cluster) e ciascuno di essi consta di 6 unità chiamate TPC (Texture Processing Cluster), ognuna con 2 SM (Streaming Multiprocessor).
Secondo quanto riferiscono fonti vicine a NVidia, il chip AD102 delle future GeForce Lovelace dovrebbe utilizzare 12 GPC con 6 unità TPC ciascuno. Una scelta che però desta qualche dubbio: NVidia di solito non cerca di aumentare in maniera importante il numero di unità sulla GPU quanto piuttosto di migliorare le abilità di ogni singolo elemento costitutivo.
Le indiscrezioni riferiscono comunque anche dell’ottimizzazione delle interconnessioni tra i differenti GPC ed elementi come la cache L2. Uno dei motivi per cui il numero di core in un processore non viene aumentato in maniera particolarmente spinta è infatti la quantità di energia necessaria per gestire tutte le interconnessioni. Per questo si preferiscono meno core ma più potenti.
Non è dato sapere se NVidia, con le GPU Lovelace, si accinga a fare davvero un mastodontico balzo in avanti da 84 a 144 SM in una sola generazione di schede video: se fosse vero ciò sarebbe figlio di un’ottimizzazione a dir poco rivoluzionaria delle interconnessioni.
Una possibilità potrebbe essere che il nodo a 5 nm non consenta un aumento della velocità di clock così come previsto e sia quindi divenuto necessario aumentare il numero di unità SM nella GPU. Difficile però che NVidia abbia accresciuto il numero di SM in maniera così incisiva: si tratterebbe di una modifica troppo incisiva, complessa da applicare senza interventi radicali sul resto del chip grafico.
Un anno fa NVidia mostrò un chip sperimentale chiamato RC-18 sottolineando con particolare enfasi il cosiddetto Ground Reference Signaling (GRS), una particolare interconnessione che si sviluppava in verticale e che l’azienda ha usato per far comunicare più chip all’interno di un MCM (multi-chip module).
In quel prototipo furono usati diversi chip, quindi, ma non è detto che la stessa soluzione non possa essere utilizzata anche con una GPU monolitica con una struttura 3DIC (ne abbiamo parlato nell’articolo TSMC realizzerà chip 3 nm+ nel 2023. Interesse di Google e AMD per SoIC).
NVidia Lovelace, almeno da indiscrezioni, si preannuncia come il chip più grande della storia dell’azienda, “un mostro” che avrà bisogno di VRAM dall’elevata banda passante: anche le memorie GDDR6X potrebbero quindi non essere più sufficienti per coadiuvare il funzionamento di una GPU come quella descritta per sommi capi in questi giorni.
Quale potrebbe essere l’alternativa? Forse la (costosa) memoria FG-DRAM che NVidia ha iniziato a sviluppare ma è bene non lanciarsi in ipotesi fantasiose fintanto che non emergerà qualche dettaglio in più.