Sta per essere approvata la nuova legge sulla diffamazione a mezzo stampa contenente importanti prescrizioni per ciò che riguarda il cosiddetto obbligo di rettifica. Il Senato ha infatti approvato il DDL che riforma il reato di diffamazione con 170 voti favorevoli, 10 contrari e 47 astenuti.
Nel nuovo impianto legislativo, è stato depennato il carcere come pena per i reati diffamazione a mezzo stampa ma sono state introdotte una serie di pesanti restrizioni nei confronti delle testate, comprese quelle online.
Multa di 10.000 euro per chi diffama. In caso di notizie false, l’ammenda sale fino a 50.000 euro
Qualunque organo d’informazione, stando a quanto prevede la normativa, potrà essere soggetto ad una sanzione amministrativa di 10.000 euro nel caso in cui venisse riconosciuta la diffamazione ai danni di un qualunque soggetto.
La multa potrebbe salire addirittura fino a 50.000 euro nel caso in cui la testata attribuisse ad una persona un fatto riconosciuto come falso.
Obbligo di rettifica, senza alcuna replica
Nel disegno di legge, inoltre, è stabilito che la testata online è tenuta a pubblicare una rettifica rispetto alla notizia precedentemente pubblicata dando spazio alle puntualizzazioni dell’interessato. Alla redazione non è concessa facoltà di risposta: l’organo d’informazione dovrà pubblicare le smentite “senza commento, senza risposta, senza titolo“, evitando cioè qualsiasi controreplica da parte, ad esempio, del giornalista o del direttore.
Diritto all’oblio
Il tema del diritto all’oblio, pur non essendo correlato con il reato di diffamazione, è stato egualmente inserito nel provvedimento appena approvato in Senato: “l’interessato può chiedere l’eliminazione, dai siti Internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione di disposizioni di legge“. Dopo la “morte dell’interessato gli eredi possono esercitare lo stesso diritto“.
È una “legge bavaglio”
Il DDL, che dovrà adesso passare all’esame dei deputati della Camera, si configura come una vera e propria spada di Damocle in capo ad ogni giornalista, una minaccia che incomberà costantemente sulla loro attività e che – assai probabilmente – finirà col condizionare pesantemente sulla qualità dei contenuti e sul livello di approfondimento garantito ai lettori.
Quale giornalista avrà il coraggio di lavorare su inchieste scottanti e su dossier di interesse pubblico se consapevole di rischiare una multa a cinque zeri ed una penalizzazione in ambito professionale?
Appare poi del tutto fuori luogo impedire a giornalisti ed editori una controreplica, a difesa del proprio lavoro, contro le accuse di diffamazione.
Spesso viene ricordato come l’Italia, storicamente, si posizioni molto in basso nella classifica della “libertà di stampa” (nel resoconto annuale RSF il nostro Paese è al 49esimo posto, dietro numerose nazioni africane): deputati e senatori che si sono espressi favorevolmente ritengono forse che un provvedimento come quello approvato aiuterà a risalire la china? Crediamo proprio di no.
Mala tempora currunt.