C’è aria di tempesta attorno ad Airbnb, il noto sito web che permette di affittare case ed appartamenti in ogni angolo della Terra evitando di sostenere costi di intermediazione. Proprio le agenzie immobiliari, sia in Europa che Oltreoceano, si sono continuamente lamentate per quella che è stata definita una “concorrenza sleale”.
Airbnb, va detto, funziona bene e – a parte alcune sporadiche quanto incresciose eccezioni (affittuari che si sono visti consegnare case non corrispondenti con quanto promesso o proprietari che hanno denunciato immobili messi a soqquadro o, nei casi più gravi, quasi distrutti) – sono molti gli utenti del servizio che hanno potuto soggiornare in splendidi appartamenti situati, ad esempio, nelle città più belle del mondo a prezzi estremamente concorrenziali.
Giudizi e commenti lasciati dai precedenti locatari consentono, al solito, di ridurre al minimo i rischi.
Proprio in terra natìa (Airbnb è nato negli Stati Uniti, a San Francisco), Airbnb riceve però la prima vera spallata. Eric T. Schneiderman, procuratore generale dello stato di New York, ha infatti intimato ad Airbnb di fornire immediatamente i dati di tutti coloro che stanno affittando case a New York attraverso il sito. Nello stato di New York, infatti, è vietato dalla legge affittare abitazioni per un periodo di tempo inferiore ai 30 giorni, a meno che il proprietario o l’inquilino (in caso di subaffitti) non vivano contemporaneamente in casa con l’ospite.
Molti locatori che fanno uso dei servigi di Airbnb sono poi accusati di non pagare le tasse (negli States così come negli altri Paesi) del mondo ritenendo che una transazione effettuata attraverso la piattaforma ideata dall’americano Brian Chesky possa di fatto permettere di “scavalcare” gli obblighi fiscali.
Airbnb, da parte sua, ha sempre spostato sugli utenti del servizio ogni responsabilità: “il tuo stato o regione potrebbero imporre tasse sull’affitto di stanze o altre imposte sull’affitto. Ci aspettiamo che tutti gli host rispettino le proprie normative locali, i contratti, le autorità fiscali e qualsiasi altra legge applicabile al loro caso. Sei responsabile della gestione delle tue tasse degli eventuali obblighi fiscali“, viene riportato in questa pagina.
I vertici di Airbnb hanno fatto sapere, attraverso una nota pubblicata sul blog della società, che faranno di tutto per mantenere “privati” i dati dei locatori newyorkesi ritenendo la richiesta di Schneiderman eccessiva e fuori luogo.
Soltanto qualche giorno fa il CEO di Airbnb, Chesky, aveva provato a richiedere al legislatore di accettare che gli utenti del sito fossero tenuti a riscuotere semplicemente la tassa di soggiorno così come qualunque altro hotel promettendo di cooperare con le autorità per segnalare eventuali comportamenti scorretti da parte dei locatori.