Neuralink è un’azienda fondata da Elon Musk nel 2016 con l’obiettivo di sviluppare tecnologie che consentano di collegare direttamente il cervello umano con un computer e altre apparecchiature digitali. L’idea alla base del progetto è quella di creare un’interfaccia cervello-macchina (BCI, Brain-Computer Interface) avanzata per migliorare le capacità cognitive umane, trattare disturbi neurologici e consentire un’integrazione più profonda tra il cervello e la tecnologia.
A maggio 2023, Neuralink ha ottenuto il “semaforo verde”, da parte della Food and Drug Administration (FDA) statunitense, ente governativo che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, per eseguire i primi test sull’uomo.
L’ultima novità, annunciata a settembre 2023, è che l’azienda di Musk ha ottenuto un nuova autorizzazione. Questa volta, Neuralink può iniziare a “reclutare” le persone da utilizzare per il suo studio clinico sugli esseri umani.
Cos’è lo studio PRIME: Neuralink impianta un dispositivo nel cervello umano
L’iniziativa, chiamata “PRIME Study” (PRIME è acronimo di Precise Robotically Implanted Brain-Computer Interface), prevede l’utilizzo di un robot chiamato R1 per impiantare nel cervello umano un dispositivo (N1) composto da un insieme di filamenti ultra-sottili e flessibili.
Il device N1 trova collocazione in un’area del cervello deputata a controllare le intenzioni di movimento. Una volta inserito, stando a quanto spiegano i responsabili di Neuralink, il dispositivo è praticamente invisibile esternamente ed è progettato per registrare e trasmettere segnali cerebrali in modalità wireless a un’applicazione che provvede a interpretarli. L’obiettivo della BCI sviluppata da Neuralink è quello di consentire alle persone affette da patologie che impediscono qualunque tipo di movimento, di controllare un puntatore, un cursore o una tastiera utilizzando solo il pensiero.
Nello specifico, Neuralink spiega che i soggetti individuati per il test sono coloro che sono affetti da quadriplegia (paralisi di tutti e quattro gli arti) provocata da lesioni del midollo spinale cervicale o dalla sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Grazie al device N1 di Neuralink, le persone che si sottopongono all’intervento hanno l’opportunità di ripristinare una certa indipendenza e, soprattutto, godere di nuove e più efficaci possibilità di comunicazione e interazione con altre persone e con le macchine.
Come funziona il dispositivo Neuralink N1
Nella brochure che accompagna il modulo di registrazione per la partecipazione ai test, Neuralink fornisce maggiori informazioni sul dispositivo N1 e sull’applicazione ad esso collegata.
Innanzi tutto, N1 registra l’attività neurale attraverso 1024 elettrodi distribuiti su 64 fili, ciascuno più sottile di un capello umano. Una volta impiantato, registra e trasmette l’attività cerebrale con l’obiettivo di consentire il controllo di un computer soltanto “pensando” alle modalità di interazione.
Lo studio durerà 6 anni e prevede regolari follow-up presso le cliniche indicate da Neuralink al fine di monitorare i progressi e garantire che l’interfacci BCI funzioni come previsto. L’azienda di Musk si fa carico di tutti i costi legati ai test, ad esempio le spese di viaggio per il trasferimento da e verso le strutture in cui è eseguito l’impianto ed effettuati i successivi controlli periodici.
L’utilizzo del dispositivo Neuralink N1 è incompatibile con pacemaker, stimolatori cerebrali profondi (DBS) e altri device già impiantati, con i pazienti che in passato hanno sofferto di crisi epilettiche, con tutti quei soggetti che stanno ricevendo trattamenti di stimolazione magnetica transcranica (TMS) o che devono sottoporsi a risonanze magnetiche per una condizione medica in corso.
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