Google non ci sta e vuol fornire pubblicamente le prove di quanto affermato nei giorni scorsi in merito all'”affaire NSA”. Il monitoraggio di massa che sarebbe stato disposto, dalle autorità statunitensi, nei confronti dei cittadini ha gettato un’ombra sui principali provider di servizi Internet d’Oltreoceano.
Tutte le aziende citate, però, hanno negato qualsivoglia coinvolgimento spiegando di non aver mai aperto alcuna backdoor, sui server, per consentire l’accesso diretto al personale governativo (USA: dati degli utenti spiati sui server dei provider?).
Con una lettera a firma del legale della società, David Drummond, Google ha chiesto al procuratore generale ed all’FBI l’autorizzazione per la pubblicazione di un “dossier” che riassume tutte le richieste di accesso ai dati degli utenti sino ad oggi pervenute da enti governativi.
“Google si è impegnata moltissimo, nel corso degli ultimi quindici anni, per guadagnarsi la fiducia degli utenti. Abbiamo attivato sistemi di cifratura dei dati su tutti i nostri servizi, abbiamo assunto alcuni tra i migliori ingegneri specializzati nelle problematiche di sicurezza, abbiamo sempre respinto richieste eccessivamente pressanti provenienti dai governi di tutto il mondo“, scrive Drummond. Il rischio, insomma, è che le informazioni diffuse nei giorni scorsi possano seriamente danneggiare le attività di Google e l’immagine dell’azienda. “Rappresentanti del governo degli Stati Uniti non hanno libero accesso alle informazioni degli utenti. Qualunque asserzione diversa non corrisponde al vero“, ha sottolineato il legale di Mountain View.
Un portavoce di Google, Chris Gaither, ha dichiarato che la società si attiva solamente dopo aver ricevuto una richiesta ufficiale e provvede in proprio a consegnare i dati “di persona”, nelle mani dell’autorità richiedente, oppure attraverso un trasferimento dati SFTP (Secure FTP).
Anche Microsoft e Facebook hanno inviato la stessa richiesta avanzata da Google facendo presente di essere intenzionate a pubblicare tutti i documenti super-segreti trasmessi dalle autorità statunitensi. Google, Microsoft e Facebook fanno riferimento alle cosiddette richieste FISA (Foreign Intelligence Surveillance Act). Si tratta di ordini per la trasmissione di dati così segreti che non è dato sapere se un’azienda li abbia ricevuti o meno.
Da parte sua, invece, Mozilla ha reagito lanciando la campagna “StopWatchingUs”. La fondazione, responsabile dello sviluppo di diversi progetti opensource – tra i quali il browser Firefox – ha chiesto al governo USA maggiore trasparenza sulle attività della NSA. L’iniziativa promossa da Mozilla (questo il sito ufficiale) mira anche a far cessare qualunque attività di monitoraggio sugli utenti della Rete e sui cittadini in generale.