L’utilizzo della tecnologia e l’impiego delle immagini satellitari per scoprire antichi insediamenti umani non è certo una novità. Le “dimensioni” della scoperta che, ancora una volta, ha visto protagonisti i ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology) e dell’Università di Harvard hanno i contorni dell’eccezionalità. Gli esperti hanno infatti annunciato di aver individuato ben 14.000 siti archeologici, concentrati nella zona nord-orientale della Siria, una regione che appartiene a quel territorio che viene posto in correlazione con l’antica Mesopotamia.
La scoperta sarebbe stata possibile grazie all’analisi di un ricco archivio di immagini satellitari, raccolte dagli anni ’60 ad oggi, ed all’impiego di un software che ha provveduto a scandagliarle. Spia della presenza degli insediamenti umani sarebbero le differenze cromatiche riscontrate esaminando le foto digitali della superficie terrestre. La presenza di sostanze organiche, lasciate dall’uomo nel corso degli anni, secondo quanto spiegato dagli esperti statunitensi, sarebbe un ottimo indizio rilevabile attraverso un’attenta analisi delle foto scattate dal satellite.
Grazie a questa tecnica, i ricercatori del MIT e dell’Università di Harvard hanno potuto importanti siti d’interesse – costruiti nell’arco di 8.000 anni – in una zona molto vasta, pari a circa 15.000 chilometri quadrati.
I dati altimetrici rilevati dalla missione “Shuttle Radar Topography” della NASA, incrociati con le informazioni desunte dall’elaborazione delle immagini satellitari, sarebbero stati di grande aiuto. I siti più elevati rispetto al territorio circostante, infatti, hanno immediatamente fatto ritenere che si trattasse di luoghi presso in quali, nel corso degli anni, si sono succeduti più insediamenti costruiti sui resti dei precedenti.