La polemica era già montata nei giorni scorsi dopo la diffusione in Rete della notizia di un possibile ritorno della legge battezzata da più parti “ammazza blog“. Proprio quando in molti pensavano che la normativa, proposta dall’ex ministro Angelino Alfano, fosse ormai morta e sepolta, le medesime disposizioni sono nuovamente apparse nel provvedimento sulle intercettazioni a firma del ministro Paola Severino (ved., a tal proposito, questo nostro articolo).
La frase che aveva fatto infuriare la Rete è la seguente: “(…) per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono“. Vederla tornare, pari pari, nel provvedimento del nuovo Governo, ha improvvisamente riaperto una ferita evidentemente mai rimarginatasi.
Tornando sul tema della libertà d’espressione e del rispetto degli altrui diritti, in occasione di un importante evento qual è il Festival del Giornalismo di Perugia, il ministro Severino (nella foto a lato) ha dichiarato che “il fatto di scrivere su un blog non autorizza a scrivere qualunque cosa, soprattutto se stai trattando di diritti di altri. I diritti di ciascuno di noi sono limitati dai diritti degli altri“. Il guardasigilli, le cui dichiarazioni ufficiali sono riportate a questo indirizzo, è convinto che i blog siano elementi che possano sfuggire a qualsivoglia controllo e che i loro gestori debbano quindi impegnarsi ad osservare delle regole. Il ministro rifugge la parola “censura” e parla piuttosto della necessità di reprimere gli abusi descrivendo quello del web come “un mondo più difficile da controllare. Non c’è un preconcetto“, prosegue, “ma questo mondo va regolamentato altrimenti si finisce nell’arbitrio“.
Molti di coloro che attraverso la Rete fanno informazione non hanno tardato a bollare i commenti della Severino come un tentativo di imporre un “bavaglio di Stato”. Le contestazioni sono incentrate sulla presunta incontrollabilità di quanto appare sulla Rete cosa che, soprattutto a chi vive di pane e web, appare un’osservazione lontana dalla realtà. Gli strumenti per combattere chi diffama, chi fa disinformazione, chi lede gli altrui diritti ci sono già e non si sente il bisogno di nuove regole: “avrebbe senso, semmai, prendere esempio dalle regole e dinamiche che oggi governano l’informazione online ed esportarle nel contesto tradizionale, nella speranza di renderla migliore“, scrive ad esempio Guido Scorza, presidente dell’Istituto per le politiche dell’innovazione, sul suo blog. Continua Scorza: “l’idea secondo la quale è sempre e comunque meglio produrre ed introdurre nuove regole piuttosto che astenersi dal farlo è, evidentemente, sbagliata e pericolosa, figlia di quell’ansia da super-normazione di cui è affetta la nostra classe politica, specie quando si parla di Internet“. Per l’informazione online non servono insomma nuove regolamentazioni, nuovi lacci e laccioli ma più semplicemente educazione e cultura.