Abbiamo già presentato SPDY, il protocollo messo a punto da Google come alternativa ad HTTP con l’obiettivo di sveltire il caricamento delle pagine web. Acronimo di HyperText Transfer Protocol, HTTP è oggi utilizzato come lo strumento principale per la trasmissione delle informazioni contenute nei siti web. La prima versione del protocollo HTTP risale alla fine degli anni ’80 ed è il risultato delle ricerche di Tim Berners-Lee presso i laboratori del CERN di Ginevra.
Allo stato attuale, i membri dell’IETF (Internet Engineering Task Force), ente di standardizzazione caratterizzato da una struttura “aperta” formata da specialisti, tecnici e ricercatori, stanno discutendo sull’approvazione delle specifiche che andranno a formare “la dote” del nuovo standard HTTP 2.0. Anche Microsoft si è inserita in tali confronti proponendo la sua visione di HTTP 2.0, un’evoluzione che deve necessariamente consentire un deciso passo in avanti, superando le limitazioni dell’attuale HTTP 1.1 pur mantenendone la compatibilità.
La proposta presentata da Microsoft è stata battezzata “HTTP Speed+Mobility” a sottolineare come la migrazione verso la seconda versione del protocollo HTTP possa costituire un notevole progresso sia sul versante prestazionale (riducendo, ad esempio, la necessità di ricorrere a connessioni TCP multiple) sia per ciò che riguarda le applicazioni mobili. Tanti gli obiettivi fissati: HTTP 2.0 dovrebbe non soltanto sveltire il caricamento delle pagine web ma anche ridurre il consumo energetico necessario per gestire le varie richieste d’accesso.
L’accento sarà posto, secondo Microsoft, anche sul controllo delle informazioni che l’utente può o non deve ricevere: il browser web diverrà così un oggetto capace di meglio comprendere ciò che il singolo utente sta facendo e quali dati possono essere memorizzati. Browser web ed applicazioni saranno quindi in grado di veicolare solo le informazioni che interessano l’utente evitando la trasmissione di dati superflui.
Il documento avanzato da Microsoft ricorda da vicino quello proposto da Google (protocollo SPDY; ved. anche questi articoli) sebbene, secondo i tecnici dell’azienda di Redmond, la differenza consista nell’aver preso in considerazione anche i dispositivi mobili e le applicazioni. In particolare, l’utilizzo del protocollo WebSockets, le cui API sono standardizzate dal W3C, consentirà una comunicazione bidirezionale, full-duplex tra client e server.
Le parti in causa si augurano di arrivare ad una ratifica del nuovo standard entro il mese di luglio 2013.