Con l’annuncio di Facebook che ha recentemente presentato la “casa madre” Meta la società di Mark Zuckerberg ha presentato quella che sarà l’evoluzione degli attuali social network.
Il logo Meta compare ormai in ogni dove, anche in calce alla schermata di benvenuto di WhatsApp.
Zuckerberg ha già spiegato qual è la sua idea di metaverso e perché vuole investirvi tanto.
Aziende grandi e piccole stanno parlando sempre più spesso di metaverso e stanno programmando la loro partecipazione al progetto di Zuckerberg.
Nella sua prima vera dichiarazione dopo la mossa di Facebook, Intel ha fatto presente che il metaverso è qualcosa che verrà realizzato in futuro ancora non molto vicino a noi.
Secondo Raja Koduri, vicepresidente senior di Intel e capo della sua nuova divisione grafica che ha riportato l’azienda nel business della grafica dedicata dopo 20 anni di assenza, il computing persistente e immersivo che presupporrà l’idea di metaverso così come illustrata da Meta richiederà un aumento dell’efficienza computazionale pari a 1.000 volte gli standard attuali.
Non c’è ancora l’idea di quanta potenza di calcolo avrà bisogno il metaverso ma è evidente, secondo Intel, che oltre all’hardware vi sarà la necessità di nuove architetture software e di algoritmi altamente ottimizzati.
Una sorta di metaverso esiste già in forma rudimentale (Second Life è arrivato nel 2003) ma l’affermazione di Koduri si concentra su di un punto importante: perché il metaverso fornisca interazioni sociali convincenti a un gruppo molto ampio di persone molto probabilmente avremo bisogno di un enorme miglioramento nella potenza e nell’efficienza computazionale, cosa che al momento non è disponibile.
Il metaverso così come proposto da Zuckerberg non vuole ricalcare a grandi linee ciò che si ottiene oggi con i videogiochi multiplayer basati su realtà virtuale e aumentata: il nuovo “ambiente virtuale” al quale si sta pensando utilizzerebbe avatar molto più convincenti rispetto agli standard ai quali siamo abituati con tanti dettagli. Abiti, capelli e tonalità della pelle realistici, tutti resi in tempo reale e basati su dati di sensori che catturano oggetti 3D del mondo reale, gesti, audio e altro.
Un insieme di dati che per essere gestito necessita di connettività ultrabroadband lato utente e moltiplica gli sforzi sul versante delle dorsali e dei data center.
Il sistema lavorerà a latenze estremamente basse e poggerà su un modello persistente dell’ambiente, che potrà contenere sia elementi reali che generati in digitale.
È impossibile ottenere tutto questo oggi anche con un PC da gioco di nuova generazione, per non parlare dei dispositivi all-in-one che presumibilmente saranno la porta d’accesso al metaverso del futuro.
Koduri non crede nemmeno che l’hardware da solo possa crescere di un fattore 1.000 come indicato e osserva che i progressi nell’intelligenza artificiale e i miglioramenti lato software sono necessari per recuperare il gap.
Le rappresentazioni realistiche di persone e ambienti sono solo una parte del puzzle e la sola creazione degli standard di cui il metaverso avrebbe bisogno per funzionare va oltre lo “stato dell’arte” attuale. Apple stessa, una delle azienda tecnologiche con maggiore capacità di spesa, ha dovuto ritardare il lancio dei suoi dispositivi per la realtà aumentata fino a quando non avrà i mezzi tecnici per procedere in tal senso.