“C’era una volta l’intermediario, ora non c’è più“. Così scrive Guido Scorza, avvocato, docente universitario e giornalista, commentando una sentenza emessa dal Tribunale di Milano in favore di Mediaset. Il caso è quello che vedeva il network televisivo contrapporsi al portale Yahoo!: secondo quanto stabilito da giudici, il sito Internet avrebbe consentito, ai propri utenti, la condivisione illecita di contenuti audiovisivi protetti da copyright (in particolare, alcune centinaia di spezzoni di note trasmissioni TV).
Il Tribunale milanese ha rilevato come l’attività di Yahoo! Video non possa inquadrarsi nella figura dell'”intermediario” definita dai legislatori europei. Le modalità di prestazione del servizio di intermediatore della comunicazione (i.e. provider), secondo i giudici, “ormai del tutto comuni ai soggetti che svolgono attività analoghe, si sono distaccate dalla figura individuata nella normativa comunitaria. (…) Mentre i servizi offerti si estendono ben al di là della predisposizione del solo processo tecnico che consente di attivare e fornire “accesso ad una rete di comunicazione sulla quale sono trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a disposizione da terzi al solo scopo di rendere più efficiente la trasmissione” finendo nell’individuare (se non un vero e proprio content provider, soggetto cioè che immette contenuti propri o di terzi nella rete e che dunque risponde di essi secondo le regole comuni di responsabilità) una diversa figura di prestatore di servizi non completamente passiva e neutra rispetto all’organizzazione della gestione dei contenuti immessi dagli utenti (c.d. hosting attivo), organizzazione da cui trae anche sostegno finanziario in ragione dello sfruttamento pubblicitario connesso alla presentazione (organizzata) di tali contenuti“.
Yahoo!, quindi, sulla base di quanto stabilito, non avrebbe titolo per godere delle tutele stabilite in sede europea. I responsabili della società non si sarebbero attivati per rimuovere tempestivamente il materiale i cui diritti d’autore erano in capo a Mediaset. E non avrebbe valore alcuno che l’azienda di Cologno Monzese non abbia segnalato tutti i contenuti video oggetto di contestazione. L’attività di controllo e verifica, secondo i giudici, “avrebbe potuto agevolmente essere svolta proprio utilizzando gli stessi strumenti informatici posti a disposizione dei visitatori di Yahoo! Video per la ricerca di contenuti tramite le parole chiave, riproducenti i titoli delle menzionate trasmissioni“. In altre parole, come “traduce” l’avvocato Scorza, “Yahoo! avrebbe dovuto individuare, uno ad uno e manualmente, tutti i video riproducenti spezzoni delle trasmissioni indicategli da Mediaset, utilizzando lo stesso motore di ricerca posto a disposizione degli utenti. (…) Pretendere che un fornitore di servizi di hosting – attivo o passivo che sia – proceda alla rimozione di contenuti audiovisivi segnalati come “pirati” sulla base di un riconoscimento manuale e come chiedere al casellante dell’autostrada di impedire l’accesso a tutte le auto che trasportano un CD pirata“, scrive l’esperto.
La decisione del Tribunale di Milano è destinata a rivoluzionare completamente il mondo della comunicazione digitale ed a questo punto sarà interessante verificare come si concluderà il caso che vede nel mirino Google. Scorza suggerisce a questo, agli “addetti ai lavori”, una pausa di riflessione per analizzare con cura e muovendosi coi proverbiali piedi di piombo il “ruolo degli intermediari della comunicazione e la misura della responsabilità che è giusto e sensato porre sulle loro spalle, specie se si vuole rispettare l’obiettivo, caro al legislatore europeo, di scongiurare il rischio che, a tutela del loro portafoglio, gli intermediari – nuovi ed antichi, attivi e passivi – finiscano con il limitare il diritto degli utenti di comunicare online“.
Frattanto, a Yahoo! è stata vietata l’ulteriore diffusione dei contenuti Mediaset fissando, a titolo di penale per ogni violazione dell’inibitoria, la somma di 250 Euro per ogni filmato non eliminato o disabilitato “e per ogni giorno di ulteriore indebita permanenza in Yahoo! Video“.