A riportare in auge il tema del “diritto all’oblio” ha pensato niente meno che una figura quale Max Mosley (nella foto a lato), ex presidente della FIA, organo di governo della Formula 1. Secondo quanto riferito, l’inglese avrebbe avviato due azioni legali nei confronti di Google, sia in Francia che in Germania. Mosley pretende che il motore di ricerca sia epurato di qualunque riferimento allo scandalo sessuale che lo aveva visto protagonista nel 2008. Un breve sunto di cosa accadde all’epoca lo si può trovare su Wikipedia.
Secondo Mosley, Google sarebbe in grado di fare quanto richiesto ma non si adopererebbe per una questione di principio. “I motori di ricerca sono oggetti pericolosi“, ha sentenziato l’ex numero uno della FIA. Per la verità, sembra che il colosso di Mountain View si sia già attivato per rimuovere alcune delle centinaia di riferimenti che collegano Mosley ai “festini” ai quale prese parte. L’attività posta in essere da Google, però, non viene considerata sufficiente: Mosley pretende che il motore di ricerca “monitori” il contenuto delle SERP (le pagine che propongono una serie di risultati in risposta ad ogni interrogazione dell’utente) eliminando il materiale ritenuto diffamatorio nei suoi confronti.
Google, sino ad oggi, ha provveduto a rimuovere forzosamente dai risultati delle ricerche quei link che venissero dichiarati lesivi degli altrui diritti da parte di un giudice. Mosley, però, vuol andare molto oltre chiedendo una costante attività di “sorveglianza”.
Un portavoce della società fondata da Larry Page e Sergey Brin ha voluto ricordare come il motore di ricerca di Google indicizzi le informazioni disponibili su miliardi di pagine web ospitate su server dislocati in tutto il mondo. “Non controlliamo, e non possiamo farlo, ciò che terzi pubblicano online ma quando ci viene segnalato, attraverso l’ordine di un giudice, che una o più pagine sono illegali, provvediamo a rimuoverle rapidamente dai risultati delle ricerche“.
Ciò che molti osservatori fanno notare è che un motore di ricerca non può essere ritenuto responsabile per la pubblicazione di contenuti operata da parte di terzi. Obbligare un motore di ricerca a controllare costantemente le pagine oggetto d’indicizzazione è considerata, dalla maggioranza degli esperti, un’assurdità perché si tratta di una misura praticamente inapplicabile.
Già una sentenza emessa all’incirca un anno fa da una corte parigina aveva sollevato non poche polemiche: in quel caso il colosso di Mountain View fu obbligato a fare in modo che il nome di una persona non venisse più automaticamente accostato, dal servizio Google Suggest, a termini poco edificanti (ved. questa pagina).
La causa avviata da Mosley, però, va ben oltre ed è, essa, pericolosa perché potrebbe essere una minaccia per il funzionamento dei motori di ricerca, così come sono stati concepiti sino ad oggi. L’ex presidente della FIA ha dipinto la rete Internet come “una sorta di wild west dotato di sue regole che non possono essere toccate dalla legge“. La realtà ci pare ben diversa: perché rivolgersi all'”intermediario della comunicazione” e non adoperarsi per la rimozione dei contenuti che si ritengono lesivi della propria immagine?